Una caricatura di Isabel Diaz Ayuso, attuale presidente regionale della comunità di Madrid, durante una manifestazione a Puerta del Sol (LaPresse)  

In Spagna

Oltre la guerra civil di Madrid c'è una sorpresa

Guido De Franceschi

Proiettili, clima da 1936, simpatie sudamericane. Ma alle elezioni si rafforza un’altra visione 

Nella campagna per le elezioni regionali di Madrid del 4 maggio l’estrema destra sovranista di Vox e la sinistra radicale populista di Podemos arroventano il clima con una simulazione della Guerra civil, forse non pericolosa ma senz’altro sgradevole. Così, mentre a esponenti di entrambi gli schieramenti arrivano proiettili per posta e altre minacce, anche nella propaganda del Partito popolare e di quello socialista si ascolta un crescente tono da scontro di civiltà, del tutto improprio in un ancorché importante voto amministrativo. D’altronde, già a marzo, la presidente uscente della Regione di Madrid, la popolare Isabel Díaz Ayuso, twittava messaggi incendiari: “COMUNISMO O LIBERTA’” (tutto in caps lock). E anche il candidato socialista Ángel Gabilondo ha poi adottato slogan vagamente millenaristi: “Non è soltanto Madrid. È la democrazia”. A questo gioco di ruolo tutto spagnolo, ambientato nel 1936, si aggiunge anche la variante latinoamericana, visto che la leadership di Podemos aveva una dichiarata simpatia per Hugo Chávez e per il bolivarismo venezuelano e che la candidata di Vox alla presidenza di Madrid, Rocío Monasterio, discende invece da una famiglia cubana espropriata dal regime castrista.

 

Gli unici a sottrarsi al linguaggio da vigilia della fine del mondo sono i candidati di Ciudadanos, Edmundo Bal, e di Más Madrid, Mónica García. Il centrista Bal lo ascoltano in pochi, in quanto esponente di un partito suicida che da un paio d’anni ha azzeccato tutte le mosse per scomparire dalla scena politica nazionale e locale (dopo aver preso il 20 per cento nelle ultime regionali di Madrid, questa volta probabilmente non supererà la soglia di sbarramento del 5 per cento). Mónica García invece va forte nei sondaggi: Más Madrid, che è una lista civica di sinistra legata al minipartito nazionale Más País, fondato dall’ex coleader di Podemos Íñigo Errejón, pur manifestando tutta la sua avversione per Vox, non ha “bruciato” su quel tema l’intera campagna elettorale e aspira a superare i socialisti nelle urne.

 

I protagonisti di queste elezioni sembrano quindi i partiti minori. Eppure, se le si guarda in prospettiva, le elezioni di Madrid mostrano, al contrario, un fenomeno opposto e cioè un rinnovato rafforzamento del bipartitismo. I popolari, infatti, otterranno molti voti (circa il 40 per cento). Invece Vox, che pure sarà determinante perché la Díaz Ayuso possa rimanere presidente, nei sondaggi è sotto il 10 per cento (non un trionfo in un contesto come Madrid che sa essere anche molto di destra) e Podemos rimarrà sopra la soglia di sbarramento solo perché Pablo Iglesias ha lasciato la leadership del partito e la carica di vicepremier per spendersi come candidato a Madrid. E Ciudadanos? R.i.p. Infine, anche se Más Madrid avrà un ottimo risultato, la metà dei suoi elettori dice però che a livello nazionale voterebbero il Psoe e non Más País, “bilanciando” così, in direzione bipartitica, il modesto risultato madrileno dei socialisti, accreditati del 20 per cento circa dei voti.

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