Il Clima Summit è pure un problema politico

Il messaggio di Xi Jinping al vertice organizzato da Biden è: siamo più bravi di voi

Giulia Pompili

La Cina vuole risultare come la potenza più responsabile nella questione dei cambiamenti climatici. Fa bene all'opinione pubblica interna, ma fa bene anche al culto del leader pseudogreen

Il clima non era mai stato così tanto politico. La partecipazione virtuale del presidente cinese Xi Jinping al Leaders Summit on Climate, vertice organizzato dall’America di Joe Biden, è l’ennesimo messaggio di apertura al dialogo su un tema che, al di là degli obiettivi ecologici, è anche molto d’immagine. America e Cina, che insieme sono responsabili di più del 40 per cento del totale delle emissioni del globo, sono pronte a lavorare insieme come potenze responsabili, dice il leader cinese. Il sottotesto è: ci accusate di tutte le nefandezze del mondo, ma sul clima noi siamo i più ragionevoli. Il Green Deal con caratteristiche cinesi ha molto a che fare con il messaggio mandato da Xi Jinping nel 2017 al Forum di Davos, quando propose al mondo l’immagine di una Cina che, praticamente da sola, difendeva la globalizzazione e il multilateralismo. Xi ci riprova con il clima, un argomento importante per l’opinione pubblica cinese – che ha vissuto e a volte vive ancora i problemi devastanti dell’inquinamento – e quella internazionale. Ma il messaggio climatico da parte di Pechino è anche e soprattutto estetico: è l’immagine di sé da propagandare nel mondo.

 

Ieri Xi Jinping ha parlato per quarto: dopo il padrone di casa, Biden, il segretario di stato Antony Blinken e il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres. E già questa è una notizia: gli americani hanno riservato un posto d’onore a Pechino. Xi ha detto che la Cina controllerà in modo rigoroso il consumo di carbone  per raggiungere le emissioni zero entro il 2060. Eppure non tutti credono agli annunci di Pechino. La seconda economia del mondo è il paese che consuma più carbone al mondo. Intere province sono dipendenti dall’uso dei combustibili fossili, si costruiscono nuove centrali elettriche a carbone: “Il compito è estremamente impegnativo, ma la Cina manterrà la sua promessa”, ha detto il leader ieri. Come aveva fatto intendere il dipartimento di stato dopo il primo summit tra America e Cina ad Anchorage, il clima rischia di essere davvero uno dei pochi tavoli di dialogo tra Washington e Pechino. Lo dimostra anche la missione di John Kerry, inviato speciale americano per il Clima, che ha incontrato a Shanghai la scorsa settimana il suo omologo cinese Xie Zhenhua e dopo due giorni di colloqui è stato pubblicato un comunicato congiunto sul Clima  – il momento diplomatico più costruttivo con la Cina dal 2016, come l’hanno definito i media americani.  Ma al di là della diplomazia, i temi ambientali hanno anche un altro obiettivo. 

 

In un articolo agiografico pubblicato ieri da Xinhua, l’agenzia di stampa ufficiale cinese, si racconta la leggenda di Yucun, villaggio della provincia dello Zhejiang. Che all’inizio degli anni Novanta era inquinatissimo, e  si era impegnato a diventare “ecologico” entro il 2003. Xi Jinping era passato per quel villaggio nel 2005, quando era segretario provinciale del Partito dello Zhejiang, e aveva lodato l’impresa, perché bisognava trovare “l’armonia tra economia e  società, per avere l’acqua limpida e le montagne verdi insieme con le montagne d’argento e d’oro”. Il concetto delle “due montagne” è poi diventato il cardine della “civiltà ecologica” di Xi, che l’anno scorso è tornato a visitare Yucun. Tutto contribuisce a costruire l’immagine di Xi Jinping come quella di un leader che lascia il segno, e che prevede il giusto – detto in altre parole, il più classico culto della personalità, tipico dei leader autoritari. 

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.