Putin usa toni molto duri nel suo discorso annuale

Daniele Raineri

Il presidente russo dice che decide lui che cosa è una provocazione che vale una guerra con l'Ucraina, mentre manda 100 mila soldati al confine con aerei, navi e carri armati

Ieri il presidente russo Vladimir Putin ha tenuto il suo discorso annuale alla nazione, che era più atteso del solito perché in questi giorni la Russia ha ammassato una quantità enorme di soldati e di mezzi militari al confine con l’Ucraina, come se si preparasse all’invasione da un momento all’altro. Putin ha dedicato la maggior parte del discorso ad argomenti interni, non ha parlato di Ucraina e però ha usato un tono molto minaccioso contro l’occidente: “Gli organizzatori di qualsiasi provocazione che minacci gli interessi fondamentali della nostra sicurezza si pentiranno di quello che fanno più di quanto si siano pentiti di qualsiasi cosa – ha detto Putin alla sala piena di membri del Parlamento e governatori – spero che a nessuno venga l’idea di varcare la cosiddetta linea rossa della Russia. E saremo noi a decidere dove passa la linea rossa in ogni caso concreto”. Putin ha anche detto che la reazione della Russia sarà “asimmetrica, rapida e violenta”. Tradotto: saremo noi a decidere in questo contesto teso che cosa è una provocazione minacciosa e che cosa no, e reagiremo in modo brutale e sproporzionato. Così, mentre l’Europa è in fibrillazione per la Superlega, il rischio di arrivare di colpo alla guerra è stato menzionato in modo esplicito dal presidente russo, anche se il discorso nella sua interezza è stato più calmo di quanto si pensasse. Putin ha denunciato un complotto della Cia contro la Bielorussia e pure questo aiuta a capire come vede le cose. Ucraina e Bielorussia non sono nazioni che possono godere di autonomia e vivranno per sempre in bilico: o finiscono nella sfera di influenza dell'Occidente oppure restano sotto il controllo della Russia. Se si verificasse il primo caso, Putin pensa che sarebbe una minaccia diretta contro gli interessi russi e quindi sarebbe abbastanza per cominciare una guerra. 


Il discorso del presidente arriva mentre la Russia posiziona al confine con l’Ucraina una quantità senza precedenti di uomini e di mezzi. Il numero varia tra ottantamila e centodiecimila soldati e consente a Putin di poter ordinare un’operazione militare convenzionale per sfondare le linee ucraine. Un conflitto vecchio stile, al quale gli Stati Uniti risponderebbero mandando aiuti e armi all’Ucraina. Le foto satellitari di una settimana fa mostrano che i russi hanno anche spostato vicino al confine molti aerei che garantirebbero la superiorità nei cieli e una buona copertura ai soldati a terra. 


 Gli esperti dicono che mancano ancora i segni finali che possono far pensare a un’invasione imminente, come le pile di munizioni pronte all’uso e gli ospedali da campo attivi, ma si tratta di cose che possono essere fatte in pochissimo tempo. Questa pressione gigantesca – tenere gli uomini sul confine – è costosa per Mosca. Oleg Zhdanov, un colonnello e analista militare ucraino citato dal Wall Street Journal, dice che questo spiegamento così imponente e pubblico è un segno che l’obiettivo di Putin è politico. “Lo sta usando per creare un’ondata di panico”. L’ultima volta che la Russia si era mossa in Ucraina lo aveva fatto sotto copertura e aveva occupato alcuni punti-chiave in Crimea usando pochi soldati che indossavano uniformi anonime. Adesso è diverso, è un’intimidazione deliberata. La Russia ha anche emesso una serie di Notam e Nomar, avvisi di chiusura dello spazio aereo e dello spazio marittimo per “esercitazioni” davanti alle coste della Crimea. In pratica, aerei e navi altrui devono tenersi alla larga mentre una forza navale russa con pochi precedenti si concentra nel Mar Nero. 


Martedì sera, quindi prima del discorso di Putin, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha parlato alla nazione: “L’Ucraina vuole la guerra? No. E’ pronta a farla? Sì. Il nostro principio è semplice: l’Ucraina non comincia per prima una guerra, ma la combatte fino all’ultimo uomo”. Poi, in russo, si è rivolto a Putin per invitarlo a un incontro nel Donbass – la regione dei separatisti filorussi – e scongiurare un conflitto.


L’intimidazione aggressiva sull’Ucraina – e sull’Europa – e la pressione contro il dissidente simbolo Alexei Navalny fanno parte di una stessa escalation di Putin contro i nemici esterni percepiti. 
 
 

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  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)