Gli iraniani negoziano anche se la bomba di un sabotatore ha distrutto "migliaia di centrifughe"

Daniele Raineri

I negoziati indiretti con l'America vanno avanti dopo il disastro a Natanz, è un segno di debolezza. Per rappresaglia alzano l'arricchimento dell'uranio al 60 per cento, attaccata una nave israeliana

Grazie alle recriminazioni e alle polemiche dei politici iraniani adesso sappiamo di più su quella che secondo la versione del governo iraniano era stata soltanto una “piccola esplosione” dentro al sito atomico di Natanz. Alireza Zakani, ex parlamentare che in passato aveva provato due volte a diventare presidente dell’Iran ma poi è stato escluso dalla gara e non potrà presentarsi alle prossime elezioni fra due mesi, dice che c’erano 150 chilogrammi di esplosivo nascosti dentro un pezzo di ricambio dell’impianto che era stato mandato all’estero per una riparazione e che evidentemente non è stato controllato abbastanza bene al ritorno.

 

Il sito è stato devastato dall’esplosione, che è avvenuta dentro le gallerie sotterranee fortificate a cinquanta metri di profondità e quindi senza una via immediata di sfogo è stata ancora più dannosa. La bomba – fatta esplodere con un comando remoto alle quattro del mattino di domenica –  ha distrutto il generatore principale di energia, quello ausiliario e anche “migliaia di centrifughe” della generazione più avanzata che erano ancora in fase di sperimentazione


Lo schema del sabotaggio è simile a quello del luglio 2020 secondo l’ex capo della Organizzazione per l’energia atomica dell’Iran, Fereydoon Abbasi-Davani (uno scienziato sopravvissuto a un tentativo di eliminazione da parte di sicari nel 2010). Una bomba che era stata nascosta dentro a una scrivania esplose grazie a un comando remoto sempre dentro il sito di Natanz. Anche allora il governo provò a negare e a minimizzare, fino a quando non fu smentito dalle immagini.

 

Da queste poche informazioni si capisce che il programma atomico dell’Iran è incredibilmente esposto, anche se in teoria dovrebbe essere il progetto meglio difeso del paese (e non si può non citare l’assassinio in pieno giorno di Mohsen Fakhrizadeh, capo del programma nucleare clandestino dell’Iran, avvenuto per strada alla fine di novembre). Le polemiche e le recriminazioni interne sono sensate. 


In questo contesto la reazione dell’Iran è incredibile: i negoziatori hanno annunciato che si presenteranno regolarmente al nuovo round di trattative indirette con gli americani a Vienna, previsto per giovedì. Ieri il giornale conservatore Kayhan chiedeva di interrompere i negoziati, ma è chiaro che l’Iran ha deciso di diversificare le posizioni. Considera Israele responsabile e promette di vendicarsi presto, ma continua a negoziare con l’Amministrazione Biden e con l’Europa perché ha estremo bisogno di vedere sospese le sanzioni internazionali che colpiscono l’economia. Quindi si va avanti come se nulla fosse, anche se l’Unione europea lunedì ha aggiunto nuove sanzioni contro nove uomini del governo considerati responsabili della repressione violentissima del 2019 contro gli iraniani che manifestavano in piazza (le forze di sicurezza uccisero centinaia di civili disarmati). Questa volontà di negoziare a tutti i costi non quadra con una teoria sostenuta da molti, che dice che la “massima pressione” voluta dall’Amministrazione Trump non funzionava. La “massima pressione” era una dottrina che prevedeva sanzioni pesantissime per costringere gli iraniani a rinegoziare l’accordo sul nucleare e a includere altri dossier, come i missili balistici e le milizie armate create in tutta la regione mediorientale. 


Come reazione alla situazione di svantaggio, l’Iran ha annunciato che comincerà ad arricchire l’uranio al 60 per cento – prima era al 5 per cento, poi era salito al 20 dopo che Trump aveva abbandonato l’accordo. Forse lo arricchirà nell’altro sito, quello nascosto nel fianco di una montagna a Fordo. Inoltre, ieri ha attaccato un mercantile israeliano davanti alla costa degli Emirati Arabi Uniti, ma non ci sono danni. 
 

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  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)