I lavoratori di Amazon in Alabama respingono il sindacato, la visione liberal vede corto ancora una volta

Daniele Raineri

I no sono il doppio dei sì, non c'è l'effetto valanga che ci si aspettava contro l'azienda di Jeff Bezos invincibile sul mercato. Prevale la voglia di status quo

Doveva essere il primo pezzo di muro che cade e annuncia il crollo di tutto l’edificio, ma il voto dei cinquemilaottocento lavoratori del centro Amazon di Bessemer, in Alabama, ha respinto l’idea di creare un sindacato con una proporzione di due no per ogni sì. Il lavoro andrà avanti come era andato avanti finora senza un sindacato a negoziare con i dirigenti le regole del lavoro, per volere dei lavoratori – è un rigetto forte ed è anche una grossa sorpresa, o un altro errore di valutazione nel mondo liberal che avrà ripercussioni. Da anni Amazon è alle prese con la fama di essere un luogo di lavoro inumano, dove non c’è il tempo di andare al gabinetto e il personale è sfruttato. Una settimana fa l’azienda ha fatto una figura orrenda sui social perché prendeva in giro chi sosteneva che i guidatori che fanno le consegne non avessero nemmeno il tempo di fermarsi a fare la pipì per colpa del ritmo forsennato imposto dalla casa madre, che tiene molto alla rapidità delle spedizioni. Subito sono spuntate fuori delle mail interne e autentiche dove si chiede ai guidatori di non lasciare per favore le bottiglie usate per urinare sui veicoli a fine turno, come se fosse una routine  accettata. Amazon ha chiesto scusa e ha detto che è un problema delle aziende che si occupano delle consegne, ma anche dentro agli stabilimenti ci sono molti problemi con i break secondo testimonianze uscite in questi anni. Per questo il voto di Bessemer aveva l’aria di una rottura epocale con il passato, soprattutto perché avviene in un’America che ha cambiato segno: l’Amministrazione Biden finanzia un enorme piano governativo di recovery con l’aumento delle tasse alle grandi aziende, c’è aria nuova e l’arrivo dei sindacati in centinaia di centri Amazon sarebbe sembrato la prova più chiara del riflusso verso sinistra. Non c’è stato, per ora.

 

Gli organizzatori accusano Amazon di avere giocato sporco e di avere installato una cassetta per i voti postali dentro il centro, cosa che non poteva fare perché così si dava l’idea ai lavoratori che il voto sarebbe stato sorvegliato e non indipendente. Amazon è abituata a trattare questi casi con tattiche aggressive  – ha organizzato molte sedute collettive in questi mesi per spiegare le ragioni del no ai lavoratori e ha anche offerto pacchetti molto vantaggiosi di buonuscita a quelli più infervorati, in modo da levarli di mezzo. Ci sarà un ricorso e questo allungherà ancora i tempi della dichiarazione finale del risultato, che già sono lunghi perché la procedura di spoglio è tesissima. Il voto è finito lunedì 29 marzo e soltanto adesso sappiamo com’è andato perché ogni singola scheda è esaminata da organizzatori e da Amazon in un confronto incrociato come se fosse quella decisiva. E’ possibile che i lavoratori di Bessemer abbiano trovato le condizioni offerte da Amazon tutto sommato soddisfacenti: 15,30 dollari l’ora di paga fin dall’inizio, contro il minimo di 7,25 dollari l’ora stabiliti dalla legge federale (l’Alabama non ha una paga minima oraria per legge), più cure mediche e dentistiche, e non abbiano voluto mettersi contro Amazon, che decide come e dove piazzare i suoi centri. Bernie Sanders aveva preso a cuore questa causa e a marzo il presidente Biden aveva criticato “la propaganda anti-sindacato” e tutti avevano capito che si riferiva a Bessemer. Ma l’inizio del grande smottamento dentro Amazon che molti attendevano come un segno di tempi nuovi in America non è arrivato, per questa volta. 

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  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)