(foto Ap)

Sindacato o no? Il dilemma dei dipendenti Amazon in Alabama

Luciana Grosso

Entro il 29 marzo i lavoratori dovranno esprimersi. Ma l'azienda di Jeff Bezos, tra volantinaggio e siti online, sta facendo di tutto per fermare l'impresa

Sindacato o non sindacato? A questa domandai entro il 29 marzo dovranno rispondere i 5800 lavoratori del magazzino Amazon di Bessemer in Alabama. La faccenda, a ben guardare, è un po’ più complicata di così e meno scontata di quel che possa apparire ai sindacalizzatissimi occhi italiani. Negli Stati Uniti infatti, solo il 10% dei lavoratori è iscritto a un sindacato (il Italia, nel 2019 erano poco più del 30%) e tra questi non compare nessuno dei circa 500 mila lavoratori americani di Amazon. Nei magazzini Amazon, semplicemente, il sindacato non c’è, non esiste. Per questo, il referendum per consentire ai lavoratori di Bessemer alla Retail, Wholesale and Department Store Union ha attirato tanta attenzione da parte della politica e della stampa. Perché potrebbe essere il primo di una serie. Potrebbe essere l’inizio di qualcosa che ancora non si è visto nella storia ormai 25ennale dell’azienda più importante del mondo. 

La cosa, come è facile intuire, piace poco al gigante dei pacchetti on line recapitati a tempo di record, un’azienda che, negli anni ‘90, vide un business miliardario lì dove ancora non c’era niente e che ha fatto di efficienza e velocità la sua principale cifra (nel 1994, quando Jeff Bezos pubblicò il suo primo annuncio di lavoro, chiedeva persone in grado di svolgere i loro compiti in un terzo del tempo previsto) oltre che la principale richiesta fatta ai lavoratori, costi quel che costi. 

Così, se negli anni si sono moltiplicate le proteste dei lavoratori dei magazzini Amazon, che lamentavano turni massacranti, controllo esasperato sulle attività dei turni, pause inesistenti e disposizioni disciplinari del tutto arbitrarie, nessuna protesta è mai riuscita ad andare oltre la mattana di qualche singola testa calda, presto isolata e poi, in qualche modo, licenziata

Il successo di Amazon fin qui nell’evitare o nell’impedire la creazione di un sindacato tra i suoi lavoratori sta nel mix tutto americano tra la minaccia implicita nella fluidità delle politiche americane sul lavoro, per cui basta un tratto di penna per perdere il lavoro, e la naturale (e conseguente) diffidenza degli americani, anche dei più poveri, nei confronti delle organizzazioni sindacali, viste più come un’autostrada verso la disoccupazione che come un vessillo di difesa. 

Per questo il referendum, altrimenti insignificante, di un gruppo di 6000 lavoratori dell’Alabama è considerato come la prima, aperta e organizzata, sfida al gigante Amazon negli Stati Uniti (qualcosa del genere in Europa si è gia vista, lo scorso Black Friday, quando i lavoratori scioperarono dietro lo slogan Make Amazon Pay). 

 

Amazon, da par suo, sta facendo tutto il possibile per fermare l’impresa. Il Guardian riporta che “prima delle elezioni sindacali, Amazon ha fortemente incoraggiato i lavoratori a votare contro il sindacato attraverso testi, messaggi, incontri con i lavoratori del magazzino.  Nei suoi volantini, Amazon afferma che i lavoratori "si approprieranno del tuo diritto di parlare per te stesso" o che "i sindacati sono un business che prende i soldi dei lavoratori per non fare niente ”. Il New York Times, invece riporta che “l'azienda ha affisso cartelli in tutto il magazzino, accanto alle stazioni di igienizzazione delle mani e persino nei bagni. Invia regolarmente messaggi di testo ed e-mail, sottolineando i problemi con i sindacati. Pubblica le foto di lavoratori di Bessemer entusiasti di Amazon sull'app aziendale interna”. 

Il sindacato, da par suo, ha raccontato che Amazon stava cercando di sorvegliare i dipendenti a Bessemer e ha persino convinto la contea a cambiare la durata del rosso del semaforo fuori dallo stabilimento, così da impedire ai volontari di fare volantinaggio. Persino il Washington Post (che è di proprietà di Jeff Bezos) ha pubblicato articoli nei quali racconta quanto capillare e invasiva sia la campagna dell'azienda per il No. Non solo. Amazon ha anche avviato un sito, DoItWithoutDues.com, nel quale enfatizza, in buona sostanza, il concetto che l’iscrizione ad un sindacato sia solo una rottura di scatole e una controproducente perdita di tempo e soldi, un imbroglio da politici che vogliono solo complicare cose semplici. Inoltre Amazon sostiene (e non a torto) che le paghe e i benefit che offre ai suoi lavoratori del magazzino di Besseter siano il doppio secco di quelle offerte al resto dei lavoratori della logistica e della grande distribuzione nel resto dell’Alabama: dunque di che lamentarsi? A chi serve un sindacato quando vieni pagato 15 dollari l’ora invece di 7 come tutti gli altri? 

La campana del sindaco, ovviamente, ha tutto un altro suono. Secondo gli attivisti per il Sì ai lavoratori di Amazon non sarebbero state garantite con efficienza le misure di sicurezza anti CoVid, i turni sarebbero massacranti e arbitrari, e soprattutto non sarebbe data ai lavoratori nessuna possibilità dialettica, nessuna voce in capitolo.

Nonostante gli sforzi degli attivisti per le Union (al cui fianco si sono schierati anche volti popolarissimi della NFL e di Hollywood, oltre che i vip della politica Bernie Sanders e Stacey Abrams e, in modo molto cauto, persino Joe Biden) il referendum (i cui voti sono iniziati a febbraio e finiranno il 29 marzo) sembra avviato verso il No. 

 

La ragione la spiega, più ancora che la capillare campagna antisindacale di Amazon, la storia della città di Bessemer. Bloomberg scrive che “un tempo la città era un fiorente centro siderurgico. Poi, come molte città degli Stati Uniti, iniziò a perdere posti di lavoro nel settore manifatturiero negli anni '70 e '80 e quando la Pullman-Standard chiuse la sua fabbrica nel 1981, la disoccupazione salì al 35%”. Così in città rimasero solo quelli che non se ne potevano andare, i neri e i poveri. “Per molti residenti di Bessemer, l'arrivo di Amazon è stata l'affermazione che la loro città era finalmente entrata nel 21° secolo. Sì, i lavori erano per lo più non qualificati, ma Amazon era una delle aziende tecnologiche più potenti al mondo. Se le critiche alle pratiche lavorative di Amazon mosse negli ultimi anni da Sanders e dagli attivisti hanno fatto riflettere alcuni residenti di Bessemer, la maggior parte si è concentrata sul salario iniziale di $ 15 l'ora e sui benefici per la salute”. 

Così, a una settimana dalla fine delle votazioni, il primo tentativo di sindacalizzare Amazon sembra avviato al fallimento. Nonostante questo, però, nessuno sembra darsene davvero pensiero.  Perché il punto non è vincere. Il punto è mostrare che si può fare. Che ci si può provare. "La storia dei sindacati riguarda sempre il fallimento:- ha detto Janice Fine, docente di studi sul lavoro alla Rutgers University, al New York Times- lavoratori che provano, lavoratori che perdono, lavoratori che provano di nuovo". E che se non vincono oggi, magari, vinceranno domani. 

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