Joe Biden, durante la Convention nazionale dei Democratici dello scorso agosto, che si è tenuta in modalità virtuale a causa del Coronavirus (Ansa)

“A is for After”

Il caos di Medium, piattaforma disfunzionale che segnala storie porno a Biden

Greta Privitera

Per qualche strano motivo l'algoritmo aveva aggiunto il presidente Usa come scrittore di dieci “articoli spazzatura” e di conseguenza lo identificava come un utente alla ricerca di quel tipo di letture

Immaginate di essere in videoconferenza con la Casa Bianca. Immaginate la voce che trema, l’agitazione, e tutto quello che comporta essere in collegamento con la casa più importante d’America. Siete un dipendente di una piattaforma di condivisione che si chiama Medium, che fa 60 milioni di utenti attivi al mese. State spiegando allo staff della comunicazione come Joe Biden può utilizzare al meglio l’account @POTUS. È un momento topico. A un certo punto, durante la videoconferenza, mentre state condividendo lo schermo con gli altri che prendono appunti, vedete che il primo articolo suggerito al commander in chief si intitola “A is for After”, sottotitolo: una storia di corna. È il racconto di una donna alla ricerca di più partner sessuali, con il permesso del marito. Sudate, sbarrate gli occhi, e sperate che gli altri non abbiano visto.

 

È successo davvero a un dipendente di Medium che, appena finita la riunione con la Casa Bianca, è corso dagli altri dell’azienda a raccontare l’accaduto. Sperando si trattasse solo di un incidente, ci ha riprovato. Si è riloggato nell’account di POTUS e ha fatto tutte quelle cose per insegnare all’algoritmo che Biden non è un utente di materiale pornografico, bensì il presidente degli Stati Uniti. Allora si è messo a leggere gli articoli di Barack Obama, di Kamala Harris e ha aggiornato le sue preferenze di lettura. Ha premuto refresh e, sicuro che tutto sarebbe cambiato, ha aspettato il nuovo consiglio dell’algoritmo. Titolo: “Riuscire a farsela, e farsi anche una pizza”. Sottotitolo: “Il tabù della sorellastra sexy”. Medium, per qualche strano motivo, aveva aggiunto Biden come scrittore di dieci “articoli spazzatura” e di conseguenza lo identificava come un utente alla ricerca di quel tipo di letture. A raccontare l’episodio è stato Casey Newton su The Verge e poi su Substack, dove cura una newsletter. Il giornalista di tecnologia, spiega che questa vicenda – che vale un film – è l’esatto riassunto di quello che è Medium: un’azienda disfunzionale.

 

 

È una piattaforma di pubblicazione utilizzata dalle persone più potenti del mondo; l’esperimento mal riuscito di mescolare intellettuali e gente comune per cercare di fare business tramite gli abbonamenti; ed è una piattaforma che ha prediletto l’algoritmo alla cura editoriale, cosa che più di una volta ha creato confusione e imbarazzo all’azienda. Evan Williams, fondatore milionario di Medium e anche cofondatore di Twitter, martedì ha annunciato una nuova svolta, l’ennesima. Un cambiamento che costerà il posto di lavoro a decine di persone. Solo due anni fa, aveva puntato sulla realizzazione di contenuti editoriali prodotti da professionisti per cercare di fare abbonamenti, ma non è riuscito a monetizzare questa scelta perché gestita in modo confuso. Aveva puntato sulla pubblicazione di testate di alto livello. Adesso, spiega il fondatore, diminuiranno i giornalisti pagati e punteremo sul sostegno di scrittori indipendenti. Newton, che in questi giorni è riuscito a parlare con alcuni ex dipendenti, dice che per Williams Medium è prima di tutto un prodotto tecnologico, non una piattaforma editoriale. “Ha cercato tutti i modi per utilizzare i giornalisti e fare soldi”. Ma le storie che hanno più successo – soprattutto sui social – sono quelle degli sconosciuti.

 

Testi di ogni tipo: post virali sul Covid, saggezza aziendale casuale, pornografia. Niente che abbia a che fare con un progetto editoriale. Williams ha rassicurato: “Rimaniamo pienamente impegnati nell’editoria di alta qualità”, ma gli ex dipendenti dicono una cosa diversa. Fanno il ritratto di un’azienda smarrita che finge di celebrare la qualità dei suoi contenuti ma che è ossessionata dai ricavi. Raccontano del pessimo trattamento che viene riservato ai collaboratori/scrittori, spesso sottopagati. Nelle ultime settimane, anche il direttore operativo e il vice presidente del settore dell’ingegneria hanno lasciato Medium. Molti altri stanno per salutare Williams sperando, forse, di lavorare per aziende come Substack, grande competitor e con una reputazione migliore. Ora anche Biden dovrà decidere cosa fare.

 

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