Il nazionalismo vaccinale di Biden è sempre più insostenibile

Luciano Capone

Il presidente americano dovrebbe esportare le dosi AstraZeneca che ha in magazzino e non utilizza. Conviene soprattutto a lui, oltre che ai suoi alleati

La partecipazione  del presidente americano Joe Biden al Consiglio europeo di oggi è un segnale importante per il rilancio dei rapporti tra Unione europea e Stati Uniti, come ha ricordato ieri in Parlamento il presidente del Consiglio Mario Draghi. Dopo la relazione turbolenta sotto l’Amministrazione Trump, “è tempo di ricostruire la nostra alleanza transatlantica”,  ha detto il presidente del Consiglio europeo Charles Michel. Sicuramente Biden farà presente agli europei la necessità di prendere posizioni più nette nei confronti di potenze autoritarie e rivali, come la Cina e la Russia. E questo nel concreto, secondo Washington,  vuol dire rimettere in discussione gli accordi commerciali con Pechino e rinunciare al  gasdotto Nord Stream 2 con la Russia.

   
Il confronto, però, per essere costruttivo dovrebbe essere anche franco, come si dice in gergo diplomatico. Oltre a una serie di indicazioni da seguire, per consolidare e rilanciare l’alleanza atlantica Biden dovrebbe presentarsi con qualcosa da offrire. E, in questa fase, gli Stati Uniti possono fare molto con uno sforzo minimo. L’Europa, per errori suoi e inadempienze di AstraZeneca, è in seria difficoltà con il piano di vaccinazione. Le dosi consegnate non sono quelle preventivate e, di conseguenza, la campagna di immunizzazione procede a rilento. Per questo molti governi sono in crisi di consenso e l’Unione europea ha intrapreso un duro braccio di ferro con l’azienda, sospettata di privilegiare il Regno Unito. In questo contesto diversi governi e l’opinione pubblica europea, ammaliati dalla propaganda, guardano ai vaccini russi e cinesi.

  
In America non ci sono questi problemi. Le vaccinazioni procedono spedite, con 84 milioni di americani che hanno ricevuto almeno una dose e 45 milioni che hanno completato il trattamento. In rapporto alla popolazione gli Stati Uniti hanno vaccinato il triplo rispetto all’Unione europea, ed entro maggio  con le case farmaceutiche che producono a pieno regime ci saranno per vaccinare tutti gli americani. E, arriviamo al punto, ora gli Stati Uniti conservano in frigorifero 30 milioni di dosi AstraZeneca inutilizzabili perché il vaccino non è ancora autorizzato. Eppure gli Stati Uniti continuano a bloccare l’export, eccetto 4 milioni di dosi che a breve andranno in Canada e Messico (finora riforniti dall’Europa). Biden si muove in perfetta continuità con l’America first di Trump, sebbene l’attuale abbondanza di vaccini renda questa posizione meno giustificabile di prima. Esportare almeno una parte di questi 30 milioni di dosi ora inutilizzabili, magari verso i paesi in via di sviluppo attraverso Covax, potrebbe alleggerire un onere che al momento è sulle spalle dell’Europa. Inoltre, in ottica transatlantica aiuterebbe a smorzare le forti tensioni post-Brexit tra due alleati come Ue e Regno Unito, oltre a indebolire la propaganda russa che viaggia sullo Sputnik

  
Sono talmente elevati i benefici, a fronte di un costo marginale, da rendere il nazionalismo vaccinale americano sempre più insensato e insostenibile, soprattutto per le dosi AstraZeneca. Se Biden intende rilanciare l’alleanza transatlantica e dare un segnale della sua leadership, parafrasando un suo noto predecessore, prima di chiedere cosa l’Europa dovrebbe fare per gli Stati Uniti dovrebbe chiedersi cosa possono fare gli Stati Uniti per l’Europa.

 

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali