sang français

Il ritorno di Manuel Valls, l'europeo

"In Spagna mi dicono: ‘Manuel, parli bene spagnolo e catalano. Ma resti profondamente francese'. Hanno ragione. La Francia mi manca, mi ossessiona, mi tormenta. Ho bisogno di lei per completare l'avventura"

Mauro Zanon

L'ex primo ministro dopo la pausa catalana punta di nuovo alla Francia. Al Point racconta il suo ultimo libro, lo strappo con Hollande, le sue radici, i suoi progetti per il paese, critica Macron, ma assicura di non essere "candidato a nulla"

Parigi. Si era fatto più discreto negli ultimi tempi dopo la delusione di Barcellona, la città in cui è nato nel 1962 e dove sperava di diventare sindaco con un progetto liberale e europeista. Ma ora, Manuel Valls, vuole tornare al centro dei giochi in quel paese che lo ha fatto diventare primo ministro e in cui crede ancora di poter far valere la propria voce, la Francia: “Voglio dare il mio contributo alla costruzione di un nuovo progetto repubblicano”. L’ex capo del governo francese, oggi consigliere comunale a Barcellona, si è confidato al settimanale Le Point, in occasione dell’uscita del suo nuovo libro, “Pas une goutte de sang français. Mais la France coule dans mes veines” (Grasset), per raccontare le sue passioni e le sue battaglie, le sue ambizioni e i suoi desideri, ma anche le delusioni che hanno portato il “petit espagnol” che era a diciotto anni a essere il Manuel Valls che è oggi.

 

“Ero diventato la figura del traditore e del fallimento del quinquennio. Ero sull’orlo della rottura, di una forma di annientamento psicologico”, dice al Point l’ex capo dell’esecutivo francese, ricordando lo strappo con l’allora presidente François Hollande, le sue dimissioni dopo l’impossibile coabitazione con il giovane Macron, la sconfitta durante le primarie interne del Partito socialista e il periodo da semplice deputato affiliato alla République en marche (Lrem), bersaglio dei veleni dei deputati macronisti. “In Francia ero morto, a Barcellona avevo un futuro. Ho vissuto divorzi, successi, fallimenti politici, la partenza verso un altro paese, ma per me tutti questi eventi sono stati un’opportunità. Lamentarsi è fuori discussione, sarebbe indecente. Sono cresciuto, ho imparato molte cose, consacro più tempo ai miei figli. Sono felice (…). In Spagna mi dicono: ‘Manuel, parli bene spagnolo e catalano, grazie per tutto quello che hai fatto a Barcellona. Ma resti profondamente francese’. Anche mia moglie Susana (Susana Gallardo, ereditiera del colosso farmaceutico Almirall, ndr), francofona e francofila, che mi ha dato questa felicità, mi dice che penso come un francese. Hanno ragione. La France mi manca, mi ossessiona, mi tormenta. Ho bisogno di lei per completare l’avventura”, dice. In questo grido d’amore, c’è tutta la voglia di riscatto di un grande europeo che si è lasciato male con il suo paese d’adozione e soffre nel vederlo in questo stato, sia dal punto di vista sociale sia politico. “Mi è insopportabile vederlo soffrire di una crisi sanitaria interminabile o di attentati terroristici barbari. Chiunque abbia esercitato delle responsabilità non può che essere frustrato nel non partecipare direttamente alla lotta contro questa pandemia, nel vedere gli errori che sono stati commessi o nell’assistere a provvedimenti contraddittori”, dice al Point Valls, prima di aggiungere: “Anche io mi sono sbagliato, ho commesso degli errori, e lo dico nel libro, ma non su ciò che è essenziale: la difesa della Repubblica, della laicità, l’allarme contro l’islamismo, la lotta contro l’antisemitismo e l’odio verso Israele, la mia battaglia contro Dieudonné, il mio impegno contro l’estrema destra. A questo titolo, ho tutte le carte in regola per partecipare alla mobilitazione per la Repubblica. Il problema è che la traduzione politica di questi valori – seppur condivisi dalla gran parte dei francesi – è molto difficile. Qui, come in ogni altro posto, il dibattito è schiacciato da una cappa di piombo legata alla crisi sanitaria e alle sue conseguenze”.

 

Per ora Valls assicura di non essere “candidato a nulla”, ma allo stesso tempo si dice pronto a sostenere la formazione di un “nuovo progetto repubblicano” e afferma che bisogna “reinventare una storia collettiva e un immaginario comune che coinvolga i francesi”. In che termini? Di certo non in quelli indicati da Macron e dalla sua République en marche, nei cui confronti Valls è molto severo. “Se è vero che i partiti tradizionali sono superati, è vero anche che la République en marche, che doveva incarnare il nuovo mondo, è una conchiglia vuota, non ha una storia, non ha un progetto, non ha radici locali. È un grave problema in un paese che vive sempre con una nostalgia rurale e pastorale, quella delle radici”, spiega Valls. La nostalgia della Francia di Edmond Michelet, “la Francia delle tradizioni, generosa”, sottolinea l’ex premier, non la Francia start-up nation, sradicata, che parla il globish. “Ho scoperto Edmond Michelet grazie a mio padre (celebre pittore catalano, Xavier Valls, ndr), che ha disegnato le vetrate della cappella di Marcillac, nel dipartimento della Corrèze, dove è sepolto. La visitavamo in famiglia, come andavamo ad ammirare le vetrate della cattedrale di Chartres o quelle della Sainte-Chapelle, che lui aveva restaurato. Più tardi, mi sono reso conto di ciò che incarnava Michelet, il suo coraggio di resistente fin dal 17 giugno 1940, la sua umanità forgiata nel cattolicesimo e nella deportazione, il suo gollismo”, racconta Valls.

 

Nelle pagine di “Pas une goutte de sang de français”, descrive i due anni in cui Macron ha “imposto la sua candidatura”, secondo le sue parole, sottolineando la differenza tra le loro due storie: “Vengo da un’altra storia, da un lungo apprendistato all’interno di una formazione politica (il Partito socialista, nella corrente social-liberale Michel Rocard, ndr). Un tempo, nei partiti si imparava a capire i rapporti di forza, la conquista del potere, l’ingratitudine, la cattiveria, ma anche la felicità di militare e partecipare a un collettivo. In venti, tenta, quarant’anni, ci si costituisce una rete, degli amici, dei colleghi, dei compagni, e ciò dà una forza incredibile. Oggi, non esiste nulla di tutto ciò. Il Rassemblement national è un’impresa familiare, la France insoumise è organizzata attorno a un ‘Lider Maximo’, la République en marche non ha eletti locali…”, dice Valls. L’europeo che non ha nemmeno una goccia di sangue francese, ma ha la Francia che scorre nelle sue vene.