La svolta di Iglesias parte con Mónica che dice: non mi faccio da parte
Le dimissioni del vicepremier spagnolo ruotano attorno alle vicende di cinque donne. Ma una sola è la figura determinante del quadro
La poco comprensibile mossa di Pablo Iglesias – che si è dimesso da vicepremier per impegnarsi in una corsa impossibile alla presidenza della regione di Madrid (noia? Voglia di protagonismo? Tentativo di tappare le falle elettorali di Podemos? Calcolo sbagliato? Mossa geniale della quale non si capisce la portata?) – si intreccia alle vicende di cinque donne. La prima è la superfalchetta del Partito popolare, la presidente uscente della Regione di Madrid, Isabel Díaz Ayuso: lei e Iglesias, che sono nati lo stesso giorno del 1978 e che si sono conosciuti all’università, si sfidano da allora. La seconda donna è il ministro del Lavoro, Yolanda Díaz, che Iglesias ha indicato al premier Pedro Sánchez come sua sostituta, in quota Podemos, nelle funzioni di vicepremier. La Díaz, che fa parte del movimento solo at large perché la sua unica tessera è quella del Partito comunista, potrebbe diventare anche il prossimo leader di Podemos. Ma in quel contesto molto sensibile alle questioni di genere, essere stata indicata per quel ruolo dal maschio Iglesias, femminista ma alfa, non le giova. In più (ed ecco la terza donna), la Díaz sottrarrebbe la leadership di Podemos al ministro dell’Uguaglianza, Irene Montero, che nel 2019, quando Iglesias si è assentato in congedo di paternità per accudire i due gemelli avuti proprio con lei, ha già retto pro tempore il movimento. Al termine di quella parentesi, il manifesto che annunciava il rientro del capo, con la figura messianica sormontata dalla scritta “Vuelve” (“Torna”) ed evidenziate in un altro colore “el” (“lui”), aveva sollevato critiche di machismo, al punto che lo stesso Iglesias se ne era dissociato. La quarta donna è Isabel Serra, la leader madrilena di Podemos che deve cedere al capo la candidatura alla presidenza.
Ed ecco la quinta donna: Mónica García. E’ lei la figura determinante del quadro. Nella capitale Podemos è elettoralmente molto più debole della lista Más Mádrid, legata a Íñigo Errejón che è stato il numero due di Podemos prima di litigare con Iglesias e di fondare un suo movimento. Iglesias era certo che il suo “peso” avrebbe obbligato Más Mádrid ad appoggiarlo e a sacrificare la sua candidata García. E invece no: “Noi donne siamo stanche di fare il lavoro sporco per poi farci da parte nei momenti storici. E possiamo fermare l’estrema destra senza che nessuno ci tuteli. Non possiamo aggiungere alla frivolezza di Ayuso altro spettacolo e altro testosterone”, ha twittato la García. Errejón ha aggiunto la sua chiosa anti Pablo: “Il femminismo ci ha insegnato che non dobbiamo essere sempre noi (maschi, ndr) i protagonisti. Quindi oggi va così. Forza Mónica!”.
l'editoriale dell'elefantino