Voti e successioni

E' iniziata la corsa del dopo Merkel

Questo è un anno superelettorale in Germania: si inizia con due Länder dell'ovest. Abbiamo messo in fila i calcoli della Cdu, le speranze dei Verdi e la rincorsa dell'Spd, cercando di superare un equivoco

Paola Peduzzi

Da tempo la cancelliera cerca di governare questa transizione, applicando il suo metodo da scienziata, cautela e organizzazione, ma gli intoppi ci sono stati e ci saranno, perché per quanto si possano stabilire regole e successioni, resta l’elemento imponderabile, che è il vuoto che lascia una leader come la Merkel

Questo è un anno super elettorale per la Germania, e sarà “inaspettatamente entusiasmante”, scrive Matthew Karnitsching di Politico, anche se è da tempo che la politica tedesca si è emancipata dal cliché della noia e della prevedibilità. Col rischio di confondere entusiasmo e instabilità, il Superwahljahr, l’anno dei tanti appuntamenti elettorali, inizia questo fine settimana con due voti regionali e si concluderà il 26 settembre, quando ci saranno le elezioni nazionali, meglio note come le prime elezioni “del dopo”: dopo sedici anni di Angela Merkel. Da tempo la cancelliera cerca di governare questa transizione, applicando il suo metodo da scienziata, cautela e organizzazione, ma gli intoppi ci sono stati e ci saranno, perché per quanto si possano stabilire regole e successioni, resta l’elemento imponderabile, che è il vuoto che lascia una leader come la Merkel.

  

Gli effetti dell’imponderabile (che per molti è la ragione del divertimento inatteso: c’è chi ride e c’è chi piange, quando si parla della fine della stagione Merkel, come sempre) si vedono già: due politici dell’Unione, l’alleanza tra i cristianodemocratici (Cdu) e i cristianosociali (Csu), si sono appena dimessi dai loro partiti in seguito al loro coinvolgimento in uno scandalo che riguarda accordi d’acquisto sulle mascherine. Nikolas Löbel, ormai ex parlamentare della Cdu, si è dimesso dopo che si è venuto a sapere che la sua azienda avrebbe ricevuto commissioni per un valore di 250 mila euro per forniture di protezioni sanitarie. Georg Nüsslein, della Csu bavarese, avrebbe guadagnato 660 mila euro facendo lobby per una azienda fornitrice di mascherine. L’Unione ha preteso dimissioni immediate e ha cercato di sottolineare che si tratta di casi individuali, ma c’è un’enorme insofferenza dentro i partiti, a causa delle primarie appena concluse e della designazione ancora in corso del candidato alle elezioni di settembre. Ma anche perché i consensi sono in calo, il potere diminuisce, le convivenze in coalizione non si annunciano semplici e, piaccia o no, padroni di casa come la Merkel non se ne vedono.

 

Lo scandalo della Cdu, che è il partito della Merkel – ora è guidato da Armin Laschet – e che deve affrontare i voti locali, è già stato amplificato proprio dal fatto che siamo nel super anno elettorale tedesco. Domenica si vota nel Baden-Württemberg e nella Renania-Palatinato, due regioni ricche nell’ovest della Germania e per differenti ragioni simboliche per la Cdu.

 

Il Baden-Württemberg ci è noto soprattutto perché è la sede di due grandi case automobilistiche (nonché della Foresta nera), la Daimler-Benz e la Porsche, ed è stato a lungo un bastione dei conservatori. Ora il governatore è Winfried Kretschmann, eletto nel 2011 il primo verde a guidare un Land, in coalizione con la Cdu.  Kretschmann, 72 anni, cattolico, ex professore di biologia, è un verde atipico, anche per la Germania dove i Grünen costituiscono una versione molto particolare (e molto più a fuoco) rispetto alla gran parte dei movimenti ecologisti continentali.  Kretschmann si definisce un verde liberale, molto attento ai conti (falco, gli dicono), molto attento ai flussi migratori (a volte bisogna rimandare a casa i migranti che non rispettano le nostre regole di convivenza, ha detto), contrario all’aumento delle tasse, insomma un conservatore sensibile al cambiamento climatico senza eccessi: è pur sempre terra di produzione d’automobili, questa. Tale approccio ha reso Kretschmann un po’ estraneo (eufemismo) al suo stesso partito, ma gli ha consentito di mantenere la guida del  Baden-Württemberg in questi anni e, secondo i sondaggi, di continuare a farlo anche nella prossima legislatura (i Verdi sono avanti di otto punti rispetto alla Cdu: a settembre erano quasi pari). In questa fase, i Verdi non fanno nemmeno troppo gli schizzinosi nei confronti dell’atipico governatore: la vittoria serve per cementare l’ascesa nazionale del partito, in vista di settembre, cioè consolidare il secondo posto che indicano oggi i sondaggi. La candidata della Cdu in Baden-Württemberg, Susanne Eisenmann, ha cercato di sottolineare questa anomalia: dice che anche se il governatore è un moderato, il suo partito non lo è per niente, ma a giudicare dai dibattiti televisivi, non sembra che il suo messaggio sia passato. Anzi, ne è passato un altro, che in realtà a livello nazionale potrebbe essere più dannoso per i Verdi che per la Cdu: non ci sono grandissime differenze tra i due rivali, anche se il governatore è molto più popolare e amato (potrebbe però non portare a termine il suo mandato: sua moglie è malata di cancro, lui ha detto di volerle stare vicino).

 

Nella Renania-Palatinato, famosa per il suo vino e per un tessuto economico molto simile a quello italiano (ci sono tante piccole-medie imprese), le chance della Cdu sono più grandi, ma in realtà la sconfitta sarebbe simbolicamente più pesante: questa è la regione in cui era nato Helmut Kohl, padre del conservatorismo tedesco moderno, padre politico della stessa Merkel (come è noto, la cancelliera a un certo punto, molto presto, lo tradì). Al momento, la Cdu è all’opposizione: al governo c’è l’Spd, che è anche il partito della governatrice Malu Dreyer, assieme ai Verdi e ai liberali dell’Fdp (la cosiddetta coalizione semaforo, rosso giallo e verde). Prima donna a guidare la Renania -Palatinato, la Dreyer è al secondo mandato, è molto popolare, ma patisce il momento non  brillante dei socialdemocratici a livello nazionale, il cui consenso è in continuo calo e rosicchiato dai Verdi. Quando fu eletta, la Dreyer si oppose a una grande coalizione e preferì formare una coalizione con gli altri partiti, compresi quei liberali con cui l’Spd  non è mai andata troppo d’accordo: anche in questa campagna elettorale, la Dreyer ha escluso un accordo con la Cdu, ma è una scommessa rischiosa, perché nei sondaggi i due partiti, Spd e Cdu, sono praticamente alla pari (attorno al 32/33 per cento) e quindi potrebbe essere il candidato cristianodemocratico, Christian Baldauf, a formare il governo locale. Ma si tratta di ipotesi, e secondo molti soltanto di speranze, perché l’Spd conta di salvaguardare un primato solido da molti anni e di rimanere al riparo dalle dinamiche molto meno rosee del partito fuori dai confini di questo Land.

 

Anche la Cdu cerca, a suo modo, di cercare riparo nelle elezioni regionali, ma le possibilità di riuscita non sono alte. Il parlamentare che si è appena dimesso dalla Cdu a causa dello scandalo sulle mascherine, Nikolas Löbel, è originario del Baden-Württemberg, e questo costituisce già un primo problema. Poi ci sono la pandemia e il lockdown: da settimane assistiamo a riunioni lunghe e turbolente tra la Merkel e i governatori, segnale di un indebolimento progressivo della leadership della cancelliera. In realtà poi le cose vanno come decide lei, ma è chiaro che i suoi interlocutori, regionali e federali, stanno già cominciando a fare i loro conti per il dopo, cercando il proprio posto nel vuoto che verrà. La cancelliera è anche un buon capro espiatorio per le difficoltà che la Germania sta affrontando nella gestione della campagna di vaccinazione, ma pensare che la Cdu resti al riparo da questo gioco delle colpe sarebbe piuttosto miope. Armin Laschet, che ha vinto le primarie della Cdu e che è considerato il leader più in continuità con il merkelismo, sta tentando di restare in equilibrio nella transizione, avventurandosi sulla strada impervia del rinnovamento senza troppi cambiamenti, allo stesso tempo leader nuovo ma espressione del passato. I retroscenisti dicono che Laschet sia molto preoccupato per lo scandalo delle mascherine che getta una luce impietosa sulla Cdu in un momento di crisi come questa. Per di più il suo compagno di ticket al congresso della Cdu, il ministro della Salute Jens Spahn, ha avviato una sciagurata campagna contro il vaccino di AstraZeneca, che ora si sta ritorcendo contro il governo e contro la Cdu: i dati mostrano che i tedeschi sono restii a farsi somministrare questo vaccino, e lo stesso Spahn ha dovuto inventarsi una strategia tardiva di rassicurazione.

 

L’unica consolazione di Laschet è che l’altro “caduto” nello scandalo sulle mascherine è un esponente della Csu, e questo mette in cattiva luce il governatore della Baviera Markus Söder (un altro detrattore di AstraZeneca), che vorrebbe essere scelto come candidato cancelliere alle elezioni del 26 settembre. I bavaresi dicono che, nell’equilibrio squilibratissimo dell’Unione, quest’anno tocca a loro. In questa lotta nella lotta, Laschet spera nel colpaccio: una vittoria della Cdu da qualche parte lo posizionerebbe meglio rispetto a Söder. Si tratta ovviamente di movimenti millimetrici, quando la transizione è per sua natura una maratona: che questi calcoli siano sufficienti a colmare il vuoto del dopo Merkel pare improbabile, ma scambiare l’instabilità per divertimento resta un gran rischio.

Di più su questi argomenti:
  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi