Perché il modello cileno sui vaccini è “impressionante”

Cecilia Sala

La vocazione liberista, il vaccino cinese, la digitalizzazione e una distribuzione capillare, anche nelle chiese

In Cile ci si vaccina anche in chiesa. A Osorno, nella regione dei laghi, stretti tra i fiumi glaciali e l’Oceano Pacifico, la cattedrale della città all’inizio del mese si è riempita di infermieri. Per la Conferenza episcopale mettere a disposizione luoghi per la distribuzione del vaccino è “un atto d’amore verso il prossimo e una responsabilità morale”. Secondo Max Roser, fondatore di ourworldindata.org di Oxford, i risultati del piano vaccinale cileno sono “impressionanti”. Oggi, giovedì 25, riceveranno la prima dose gli insegnanti tra i 40 i 44 anni, i poliziotti e i militari della stessa età e gli altri cittadini tra i 65 e i 69 anni; ai più anziani il vaccino è stato somministrato prima del 15 febbraio. I risultati cileni non sono solo i migliori dell’America latina: il Cile è al quinto posto della classifica mondiale dopo Israele, Emirati, Regno Unito e Stati Uniti.

 

Il governo di Sebastián Piñera, messo in crisi dalle proteste culminate nel referendum che a ottobre ha abrogato la Costituzione, punta a essere tra i primi al mondo a far ripartire l’economia nazionale e recuperare un po’ di popolarità in vista delle prossime presidenziali. L’obiettivo è vaccinare cinque milioni di cileni entro marzo e raggiungere l’immunità di gregge, quattro su cinque, prima dell’estate. La velocità dei progressi, stando ai dati del ministero della Salute e alle elaborazioni grafiche di ourworldindata.org, lo fa apparire un traguardo possibile. Secondo Bloomberg, il vaccino farà la fortuna di due valute nel prossimo futuro: quella cilena e quella messicana. JP Morgan scrive in un report che il Cile sarà il primo paese emergente a raggiungere l’immunità di gregge.

 

   

 

Cosa ha determinato questo successo? C’entra la vocazione al libero scambio, il fatto di poter contare su una miriade di accordi commerciali con tutto il mondo, più numerosi e più solidi di quelli dei vicini latinoamericani e non solo. Ciò ha permesso di iniziare subito le trattative con multinazionali e paesi produttori da una posizione di partner storico e affidabile. La rapidità ha pagato. A dicembre, in Cile era già a buon punto l’immunizzazione dei 50 mila operatori sanitari. A fine gennaio è iniziata la campagna di immunizzazione di massa, il primo vaccino distribuito è stato il Sinovac importato dalla Repubblica popolare cinese, che è anche il primo partner commerciale del paese. E’ stato determinante un accordo di collaborazione siglato dall'Università Cattolica cilena con la società biofarmaceutica a metà dell’anno scorso, che permetteva la sperimentazione nel paese garantendo una consegna anticipata delle dosi. Per spiegare il successo dei piani d’immunizzazione in quei paesi che non sono produttori né sedi degli stabilimenti e delle aziende farmaceutiche che hanno scoperto il vaccino bisogna infatti guardare alla possibilità di svolgere sperimentazioni cliniche.

 

La capacità e la volontà di fornire dati per la ricerca scientifica si è rivelata un fattore determinante in Cile come in Israele, il paese che guida la classifica mondiale. L’accordo con Pfizer, nel caso israeliano, non prevedeva solo un corrispettivo per le fiale decisamente più alto di quello pattuito per esempio dall’Ue, ma anche la messa a disposizione della casa farmaceutica di un’immensa banca dati, ovviamente anonima, per studiare gli effetti sulla popolazione. Un campione perfetto, eterogeneo e multirazziale, né troppo piccolo (sono già stati vaccinati alcuni milioni di abitanti) né troppo grande (i costi per l’analisi sarebbero lievitati).

 

Oltre alla capacità di procurarsi un numero di dosi sufficiente e in tempi rapidi, il Cile si è dimostrato un modello di efficienza nella distribuzione. Soprattutto grazie a un piano vaccinale all’avanguardia che garantisce una banca dati capillare, datato 1978 ma che nel decennio passato è stato completamente digitalizzato. E grazie a una grande dimostrazione di solidarietà nazionale: dall’industria alla Chiesa cattolica, tutti mettono a disposizione spazi per la vaccinazione, spesso organizzandoli a proprie spese. Enrique Paris, il ministro della Sanità, ha assicurato che le 10 milioni di dosi di Sinovac stanno continuando ad arrivare e le consegne saranno completate entro metà marzo. Intanto inizia la distribuzione anche delle 10 milioni di dosi acquistate dall’americana Pfizer. Ci sono poi gli accordi con Astrazeneca e Johnson&Johnson: si tratta di 38 milioni di dosi, esattamente due per ogni cileno, tutte entro l’estate. Ma le persone più a rischio saranno protette molto prima, entro il 5 marzo saranno vaccinati tutti gli over 59, e quasi tutti i docenti e gli altri lavoratori delle categorie prioritarie: rimarranno solo quelli con meno di ventitré anni.

 

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