(foto LaPresse)

"Dal secondo turno in Polonia dipenderà la futura mappa dell'Ue"

Micol Flammini

Quanto è grande la speranza nel sindaco liberale Trzaskowski? Tanto, ci dice Michal Rusinek, autore di "Nulla di ordinario"

Roma. Il “cambiamento” ci è entrato in testa da ultimo come parola d’ordine delle campagne elettorali dei nazionalisti, degli euroscettici che avanzavano ogni proposta “nel nome del cambiamento”. Anche in Polonia è stato così, lo slogan del PiS era “Dobra zmiana”, “buon cambiamento” e adesso che dopo il risultato delle elezioni presidenziali di domenica la parola è passata dalla parte del candidato liberale Rafal Trzaskowski, sembra così strano associarla a un percorso positivo per la Polonia.

 

Michal Rusinek è un linguista, insegna all’Università Jagellonica di Cracovia e in Italia il suo nome è diventato familiare dopo la pubblicazione del libro “Nulla di ordinario” (Adelphi), dedicato alla poetessa premio Nobel Wislawa Szymborska – lui la conosceva molto bene, è stato il suo assistente per anni – e uno dei suoi ultimi libri usciti in Polonia si intitola proprio “Dobra zmiana”, “Buon cambiamento”. “Il libro, scritto assieme a Katarzyna Klosinska, è una specie di dizionario della propaganda, dell’uso distorto della lingua per manipolare e convincere, stravolgere i significati. Il cambiamento che metà Polonia si aspetta oggi invece è la sistemazione di tutto ciò che è stato distrutto negli ultimi cinque anni, un cambio di rotta, e secondo me sarà anche necessario modificare il linguaggio”, dice al Foglio Rusinek che nella sua immagine sui vari social dichiara apertamente per chi ha votato nelle elezioni presidenziali di domenica: per Rafal Trzaskowski, sindaco di Varsavia del partito Ko. Il voto si è concluso con la vittoria di Andzrej Duda, il candidato del PiS e presidente uscente, ma ci sarà il ballottaggio il 12 luglio e gli interpreti di questo nuovo cambiamento guardano con speranza al sindaco di Varsavia, che in poche settimane ha trasformato una sconfitta certa in una competizione. “Il voto per Trzaskowski non è stato il voto per il suo partito, ma per una Polonia diversa. Penso che abbia restituito la speranza che questa Polonia diversa – europeista, moderna, lungimirante, democratica, rispettosa, attenta ai diritti delle donne, delle minoranze sessuali, al rispetto della Costituzione – possa esistere. Ha restaurato la speranza di una normalità ancora possibile in molti di noi”. 

 

 

Duda ha ottenuto il 43 per cento, il sindaco di Varsavia il 30. Al ballottaggio, secondo i sondaggi, sarà il candidato del PiS ad avere più voti, ma il distacco sarà sottilissimo. Trzaskowski ieri si è messo subito al lavoro, è ripartito alla conquista di quella Polonia che sembrava ormai appartenere al PiS per sempre, quella delle campagne che invece lentamente si sta incuriosendo anche a lui, che ha vinto soprattutto nelle regioni occidentali, nelle città più grandi. “Da tempo sappiamo che è come se esistessero due Polonie e le politiche del PiS non hanno fatto altro che acuire le divisioni tra queste due nazioni. L’intera macchina della propaganda si basa su un modello banale di antitesi. Adesso credo che molte persone siano stanche e disgustate”. Anche cinque anni fa questa divisione tra una Polonia liberale e una Polonia pronta a tornare indietro nel nome della tradizione appariva chiara, Duda vinse con il 51 per cento e Komorowski, il candidato del Po, il partito fondato dall’ex presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, perse con il 48 per cento. Eppure quell’elezione non appariva così vitale per il paese: il ruolo del presidente è di bilanciamento e sarebbe un freno alle riforme antidemocratiche che il PiS cerca di apportare da anni. Ieri Adam Michnik, fondatore del quotidiano d’opposizione Gazeta Wyborcza, titolava il suo editoriale: “Il destino della Polonia è nelle vostre mani”. E mentre il voto del 12 luglio assomiglia quasi a una chiamata alle armi per il paese democratico e liberale che tenta di sconfiggere il nazionalismo, Trzaskowski sembra l’uomo della speranza, l’unico in grado di provare a vincere una battaglia che sembra difficilissima. Tanta speranza sarà forse esagerata? “Dal secondo turno delle elezioni presidenziali dipenderà anche che aspetto avrà nel futuro la mappa dell’Europa, quindi non è un’esagerazione. Qualche anno fa, sembrava che la libertà e la democrazia fossero dei valori che avevamo ormai conquistato per sempre. Lo credevamo anche riguardo al nostro posto all’interno dell’Unione europea. Queste sono le elezioni più importanti in Polonia dal 1989”, ci dice Michal Rusinek, che come una parte della Polonia, e una parte dell’Europa, attende il cambiamento, che sa di ritorno alla normalità.