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Il primo dibattito di Bloomberg è un disastro

Luciana Grosso

Tutti contro il miliardario ex sindaco di NY che si difende poco e male. Brilla la Warren ma è Sanders che oggi si sente molto più sicuro

Che disastro, Mike Bloomberg. Se era lui la migliore idea dei centristi Dem per battere in un colpo solo Donald Trump e Bernie Sanders, siamo in alto mare. Un mare altissimo, mosso, e pieno di squali.

 

L’ex sindaco di New York, che doveva essere la vera star del dibattito di ieri notte, è stato terribile: impacciato, insicuro, esitante, spaventato, a volte persino atterrito (con tanto di occhioni sbarrati) dall’incalzare dei suoi affilati e ben rodati avversari. Mike Bloomberg ha sbagliato praticamente tutto: si è impappinato più volte, ha perso il filo, ha perso di lucidità, e si è inacidito ogni qualvolta veniva interrotto: “Posso finire?”. 

 

E questa è la parte buona. Poi c’è quella cattiva.

  

 

In due ore di dibattito (e presumiamo dopo mesi di preparazione con il fior fiore degli sparring partner di oratoria e di autori di discorsi) Bloomberg non è stato in grado di tirar fuori un tema che fosse uno, uno slogan, una ragione qualunque perché qualcuno, democratico o repubblicano, debba votare per lui. Niente che andasse oltre ‘Mi pago la mia campagna da solo’ e ‘Non sono Trump’.

  


Le primarie democratiche in numeri


 

Come se non bastasse questa debolezza (e forse anche questa superficialità) intrinseca, Bloomberg è stato fatto a pezzi dai suoi avversari, soprattutto da Bernie Sanders e Elisabeth Warren, ieri, per altro particolarmente in forma. I due senatori della sinistra dem hanno preso i due punti deboli dell’ex sindaco, i soldi e le donne, e li hanno usati per attaccare, affondando il coltello nel fianco del miliardario come se fosse nel burro.

 

Sanders lo ha incalzato sulla pubblicazione delle sue tasse (che Bloomberg non ha ancora rilasciato ma che ha promesso di pubblicare ‘appena possibile’). Un tema su cui Bernie ha trovato un terreno particolarmente congeniale al suo elettorato, ben consapevole del fatto che, comunque vada, la dichiarazione dei redditi a 10 zeri di Bloomberg sarà un formidabile assist per lui e per la sua campagna socialisteggiante.

   

Warren, invece, lo ha suonato come un pugile sul tema donne, su cui Bloomberg è, se possibile, ancora più vulnerabile che sul tema soldi e tasse. La storia è questa: è cosa piuttosto assodata che nei ruggenti anni ‘90 Bloomberg abbia avuto molte donne. Buon per lui. Non è una colpa. Ma potrebbe essere un problema, in tempi di #metoo. Soprattutto perché Bloomberg ha dato più volte prova di un certo maschilismo, è stato accusato più volte di ‘non creare un ambiente lavorativamente accogliente per le donne’ e soprattutto si ritrova con un elenco piuttosto lungo di controversie legali con donne che lo hanno accusato a vario titolo di molestie verbali. Gran parte di queste controversie si sono concluse con un accordo di riservatezza. E’ stato su questo punto che Warren ha attaccato, chiedendo più volte se Bloomberg fosse disposto a ‘aprire’ questi fascicoli blindati, per mettere a parte gli elettori delle accuse che gli sono state mosse, e quanti fossero questi fascicoli. Bloomberg ha farfugliato e risposto, nell’ordine, che ‘in quelle accuse non c’è altro che la malinterpretazione di qualche sua battuta’, che i fascicoli non possono essere aperti per tutelare le signore coinvolte e, quanto al numero, che sono ‘alcuni’. ‘Alcuni quanti?’ ha chiesto Warren. ‘Alcuni’.

  

 

Il dibattito di Bloomberg è praticamente finito qui. E quando a Bloomberg sono arrivati anche i fendenti di Joe Biden, sul presunto razzismo della sua amministrazione di New York negli anni 2000, l’ex sindaco era già abbondantemente al tappeto.

 

Ieri notte Bloomberg non è mai stato veramente in gara, completamente surclassato dall’abilità oratoria, dall’esperienza, dalla scaltrezza (e anche dalla gioventù, nel caso di Pete Buttigieg ed Amy Klobuchar) dei suoi avversari, senza mai avere un guizzo, un momento di empatia, una zampata. Niente.

 

 Così sono cambiate le proiezioni dei bookmakers dopo 45 minuti di dibattito

  

Alla fine, non contento, al momento dell’appello al voto ha provato a fare una battuta. E gli è venuta malissimo: come tutti gli altri candidati Bloomberg ha invitato a votare per lui e a unirsi alla sua campagna dando l’ indirizzi internet del suo sito. Poteva fermarsi qui. Invece no. Ha voluto aggiungere “Ma io, certo, non vi chiederò soldi’. Nella sala è sceso il gelo. E sul volto di Bernie Sanders si è aperto il sorriso di chi ha appena vinto contro il primo miliardario in gara e pensa già al secondo.