Un manifestante di Greenpeace contro il Ceta a Lussemburgo (foto LaPresse)

Il Ceta è vivo

Paola Peduzzi

Il Parlamento olandese salva l’accordo ma la crisi (non finita) ci dice molto delle sinistre e della globalizzazione

Milano. Il Parlamento olandese ha salvato il Ceta, l’accordo di libero scambio tra l’Unione europea e il Canada, nonostante i presagi negativi. E’ presto però per tirare un sospiro di sollievo: manca ancora l’approvazione del Senato, dove il governo guidato da Mark Rutte non ha la maggioranza. I tormenti sulla ratifica dell’accordo non sono però una storia soltanto olandese: ci raccontano le difficoltà del liberale Rutte di maneggiare una coalizione variegata (quattro partiti, una maggioranza parlamentare di un solo seggio), come accade anche in altri paesi; ci raccontano le difficoltà che incontrano gli accordi di libero scambio in una stagione in cui c’è un pregiudizio negativo verso tutto quel che sa di liberalismo e di apertura, commerciale e no; ci raccontano anche un voltafaccia, che è quello della sinistra olandese, che aveva partecipato alla negoziazione dell’accordo e che ora invece fa parte dei partiti che lo vogliono bocciare.

 

 

  

Il Financial Times, definendo questa “tempesta politica perfetta”, individua tra le cause del cambiamento anche la ricerca da parte di molti partiti di una ragione d’essere, e cosa c’è di meglio dell’ostilità a un accordo commerciale internazionale per riempire piazze e teste di idee anti globalizzazione? L’opportunismo politico, si sa, va in questa direzione, ma non riguarda soltanto i partiti che fanno parte della coalizione di governo – come i cristianodemocratici, da sempre scettici – né quelli che si collocano nella sinistra radicale, che è per sua natura contraria alla globalizzazione. A vedere numeri e rilevazioni, l’opportunismo non riguarda nemmeno gli olandesi: secondo l’Eurobarometro, il 78 per cento dei cittadini dei Paesi bassi dice di avere benefici dal commercio internazionale. Anche se l’accordo è entrato in vigore soltanto provvisoriamente nel 2017, c’è stato un aumento degli scambi commerciali con il Canada del 12 per cento (per 3,4 miliardi di euro). 

 

La maggioranza degli esperti dice che i Paesi bassi, quindi gli olandesi, hanno di che guadagnarci con questo accordo. C’è stata però una rivolta da parte degli agricoltori e degli allevatori, che sono saliti sui trattori “anti Ceta” e hanno detto che con l’accordo i mercati olandesi (ed europei) sarebbero stati invasi dalla carne canadese piena di ormoni. In realtà, soltanto una piccola parte di produttori canadesi avrà accesso al mercato olandese, e anzi questo è stato un problema che ha dovuto risolvere il premier canadese Justin Trudeau, al quale veniva richiesta maggiore apertura verso il mercato europeo. Ma la rivolta dei trattori – assieme a una propaganda spesso menzognera sugli effetti dell’accordo – ha fatto da detonatore e così, nonostante i numeri e nonostante la sostanziale propensione al libero commercio degli olandesi, il Ceta è diventato il nemico. A cavalcare questo stravolgimento è stato il Partito laburista, che finché è stato al governo con Rutte ha negoziato e difeso l’accordo – il ministro per il Commercio che andava a Bruxelles per le trattative con i canadesi era la laburista Lilianne Ploumen – e oggi invece ne guida l’opposizione. Il Partito laburista si difende dalle accuse di voltafaccia – fatte principalmente dal governo – dicendo che è sempre stato contrario al sistema in cui si inserisce anche il Ceta, che è quello della protezione esclusiva degli interessi delle grandi aziende. Ma le giustificazioni non hanno avuto grande effetto: molti restano convinti che i laburisti olandesi stiano cercando soltanto di inseguire lo scivolamento verso il radicalismo che ha già preso altre sinistre (con effetti nemmeno troppo rassicuranti, vedi Corbyn nel Regno Unito, ma tant’è). Il più imbarazzato è Frans Timmermans, leader olandese dei socialdemocratici in Europa e vicepresidente della Commissione von der Leyen, che cerca di restare fuori dal dibattito, ma continua a essere trascinato dentro: dovrebbe redarguire il proprio partito di provenienza, sostengono molti. Timmermans con tutta probabilità mira a far restare il caos Ceta un affare olandese: molti lo vorrebbero, ché l’alternativa è riflettere sullo stato delle sinistre europee, affare doloroso. L’onta della bocciatura del Ceta resterebbe in ogni caso addosso a Rutte, il liberale frugale d’Europa, e questo sì che per la sinistra è un sollievo. Anche se si sta già cercando un modo per tenere vivo il Ceta, pure se dovesse esserci il “nee” al Senato: era già accaduto con l’esito negativo del referendum sull’adesione dell’Ucraina. Sul salvare la faccia dell’Olanda agli occhi europei Rutte ha una certa esperienza.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi