Gabriel Matzneff nel 1983 nella sua "soffitta" in rue des Ursulines , a Parigi (foto tratta da Wikipedia)

Il tribunale del popolo contro Matzneff

Redazione

Un giudice fa un appello a testimoniare contro lo “scrittore pedofilo”

Il pubblico ministero di Parigi, Rémy Heitz, ha fatto un appello a testimoniare contro lo scrittore Gabriel Matzneff. Si vogliono trovare altre presunte vittime di Matzneff nel contesto dell’indagine già aperta per la violenza ai danni di una ragazza di quindici anni che ebbe una relazione con l’allora scrittore cinquantenne.

 

I fatti denunciati da Vanessa Springora nel suo bestseller “Il consenso”, che ha portato all’apertura di un’indagine sullo stupro di una minorenne che prende di mira lo scrittore parigino, sono prescritti. Si tratta allora di “assicurarsi” altri testimoni, “perché non ci siano vittime dimenticate” ha detto Heitz a Europe 1: “Se ci sono state altre vittime...”, si facciano avanti e denuncino il vecchio letterato.

 

Matzneff si è difeso ai microfoni di Bfm Tv, paragonando la Francia di oggi all’Unione sovietica. Ha esagerato. Ma ora siamo alla follia. Non è sufficiente che Matzneff sia ormai un appestato, che abbia perso tutti gli editori, che rischi di vedersi togliere la casa popolare e un assegno di stato elargito agli artisti in difficoltà economiche, che la polizia sia persino entrata nelle stesse case editrici per sequestrare copie dei suoi romanzi erotici, che praticamente non si possa più scandire il suo nome senza arrossire e sempre sussurrando ovviamente, quasi si esorcizzasse un demonio. Ora i giudici orchestrano anche una sorta di saga della delazione. Ormai questa vicenda non riguarda più nemmeno Matzneff, un malato di cui se ne aspetta soltanto la dipartita. Riguarda qualcosa che va al di là delle sorti di questo vecchio scrittore. Riguarda il branco, le condanne popolari, il tribunale dell’opinione pubblica, oltre alla debolezza di carattere di coloro che erano stati i suoi sostenitori e che ora ne incoraggiano l’esclusione sociale e la vendetta cieca. Non chiamatela giustizia.

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