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Il rompicapo del voto irlandese: vincono in tre e nessuno vuole fare alleanze con l'altro

Gregorio Sorgi

Fine Gael, Fianna Fáil e Sinn Féin tutti al 22 per cento. La formazione del nuovo governo sarà complicata, ma una cosa è certa: i socialisti sono il nemico comune di Micheál Martin e Leo Varadkar

Londra. Le elezioni irlandesi sono terminate in pareggio. Secondo gli exit poll i tre maggiori partiti - Fine Gael, Fianna Fáil e Sinn Féin - hanno ottenuto ciascuno il 22 per cento dei voti. Tuttavia, gli esperti prevedono che Fianna Fáil, il partito centrista guidato da Micheál Martin, avrà la maggioranza relativa dei seggi in Parlamento. La grande sorpresa delle elezioni è stata il successo di Sinn Féin (22,3 per cento), il movimento d’ispirazione socialista e fautore della riunificazione irlandese che per anni è stato il braccio politico del gruppo terrorista IRA.

 

 

Il partito guidato da Mary Lou McDonald ha rotto il bipolarismo centenario tra Fianna Fáil (22,2 per cento) e Fine Gael (22,4), la formazione di centrodestra da cui proviene il premier Leo Varadkar. Le prime rilevazioni indicano che Sinn Féin ha ricevuto un grande sostegno tra i giovani, che non si sentono più rappresentati dai due tradizionali partiti di governo e che sono insoddisfatti dalla crisi abitativa e dai problemi del servizio sanitario.

 

  

La trattativa per formare una nuova coalizione sarà molto complicata dato che ogni partito ha promesso di non volere governare con gli avversari. Molti osservatori prevedono una nuova intesa tra Fine Gael e Fianna Fáil, che sono stati alleati negli ultimi quattro anni. Varadkar ha governato grazie al sostegno esterno dei deputati di Fianna Fáil, e la stessa intesa potrebbe essere replicata anche nella prossima legislatura. I due partiti si sono dati battaglia in campagna elettorale ed entrambi hanno perso il sostegno di molti elettori delusi dall’accordo con i rivali. 

 

Tuttavia, Varadkar e Martin hanno la stessa priorità: escludere Sinn Féin dal governo. Gli interessi convergenti tra i due leader di partito potrebbero fare nascere una nuova grande coalizione, che però stavolta avrebbe una maggioranza risicata. Fianna Fáil e Fine Gail probabilmente non avranno gli ottanta deputati necessari per dare vita a un governo, e potrebbero fare affidamento sui parlamentari indipendenti che hanno ottenuto circa l’11 per cento dei voti. Anche il Partito verde irlandese, che ha raggiunto il suo migliore risultato di sempre (7,9 per cento), potrebbe essere l’ago della bilancia nelle trattative per il nuovo governo. 

 

Varadkar ha detto in campagna elettorale che sarebbe disposto a formare una coalizione o a fornire l’appoggio esterno a un governo guidato da Fianna Fáil nel caso in cui non fosse possibile formare una maggioranza alternativa. Il problema è che Fianna Fáil ha escluso di tornare al governo con il partito di Varadkar. Michael Martin ha ripetuto in campagna elettorale che “il paese ha bisogno di un governo nuovo”, e si è scontrato con il premier in varie occasioni. Tuttavia, l’intransigenza di Fianna Fáil verso l’ipotesi di un’intesa con Sinn Féin - definita una “questione morale” - ha escluso ogni alternativa a una grande coalizione. Inoltre se Fianna Fáil dovesse avere la maggioranza dei seggi in Parlamento, Martin potrebbe ambire a diventare primo ministro. 

 

 

I due grandi partiti però non possono ignorare il successo di Sinn Féin, che rivendica un ruolo di primo piano nelle trattative per la formazione del governo. Il grande rimpianto degli unionisti irlandesi è di avere candidato solo 42 rappresentanti nei 19 seggi plurinominali. Fino a pochi mesi fa Sinn Féin non si aspettava molto dalle elezioni e ha presentato pochi candidati in ogni collegio per evitare di frammentare il proprio voto. Se si tornasse alle urne nei prossimi mesi Mc Donald non farebbe lo stesso errore e potrebbe guadagnare molti seggi.