Lo scienziato He Jiankui (foto LaPresse)

E' finita in prigione la storia scientifica più importante del decennio

Giulia Pompili

Il biofisico He Jiankui è stato condannato da un tribunale di Shenzhen. E’ il primo ad aver modificato il dna di due neonate

Roma. Ieri un tribunale di Shenzhen ha condannato a tre anni di carcere e a una multa da 430 mila dollari il biofisico He Jiankui, meglio noto al pubblico come lo scienziato che l’anno scorso ha fatto nascere una coppia di bambini con il dna modificato. Al di là della decisione del tribunale, quella del dottor He è una storia che segna un prima e un dopo nella ricerca scientifica mondiale: la tecnica di modificazione genetica CRISPR (clustered regularly interspaced short palindromic repeats) è una sorta di azzardo, e non è mai stata autorizzata una sperimentazione umana perché sono (ancora) imprevedibili le implicazioni e le conseguenze di un editing del genoma umano così invasivo. La vicenda però racconta molto anche dei precari standard scientifici cinesi. Nel 2014 il presidente cinese Xi Jinping, in un famoso discorso all’Accademia delle scienze, diede un indirizzo preciso alla comunità: bisogna premere l’acceleratore sulle scoperte scientifiche del paese. Ma lo fece in un ambiente – lo spiega Elizabeth C. Economy, direttrice degli Studi asiatici al Council on Foreign Relations nel suo ultimo libro “The Third Revolution: Xi Jinping and the New Chinese State” – in cui prestigio e favoritismi sono quasi più importanti del progresso collettivo, un sistema che moltiplica le frodi, la sofisticazione, il totale disinteresse per questioni etiche o bioetiche. Il fatto che He Jiankui abbia subìto un processo e sia stato condannato per avere eseguito una tecnica senza avere avuto le necessarie autorizzazioni e “ufficialmente vietata nel paese”, come ha scritto l’agenzia di stampa Xinhua, dimostra anche che la Cina vuole cercare di accreditarsi – anche e soprattutto all’estero – come un paese che punisce chi realizza i suoi scopi personali imbrogliando. Un esempio per tutti, insomma, e un piccolo passo verso l’adattamento del sistema cinese agli standard di ricerca internazionali.

 

 

Nel frattempo, però, i guai causati dalla sperimentazione di He Jiankui, e dal suo team nel laboratorio della Southern University of Science and Technology di Shenzhen, non sono ancora calcolabili. La nascita di Lulu e Nana era stata annunciata nel novembre del 2018 durante una conferenza sull’editing del genoma. Poco prima, nell’ambiente del giornalismo scientifico, la notizia era iniziata a circolare, ma fin quando lui stesso non ha fatto entrare nel suo laboratorio i giornalisti dell’Associated press – l’agenzia che ha fatto lo scoop della storia scientifica più importante del decennio – nessuno aveva modo di verificarla.

 

 

L’obiettivo primario del dottor He era quello di “salvare” i neonati dall’Hiv, “sistemando” il loro dna in modo che le due bambine non avrebbero mai contratto il virus. Il problema è che ogni modifica al dna, secondo gli studi teorici, può essere ereditata in un modo che non sappiamo ancora quantificare, ed è per questo che la comunità scientifica si interroga periodicamente se non sia problematico anche solo continuare con le ricerche sulla tecnica CRISPR. Non solo: Antonio Regalado, uno dei giornalisti scientifici che più si è occupato del caso, sul MIT Technology Review scrive che lo scienziato “credeva che la sua ricerca gli avrebbe portato notorietà e denaro, e che sarebbe potuta essere un gran colpo scientifico per la Cina”. Ma grazie a una fonte interna è stata proprio la MIT Technology Review a rivelare i dettagli di una ricerca fino ad allora coperta dal massimo segreto – basata su pochi dati, in pratica un azzardo nell’azzardo, inutilizzabile ai fini scientifici: “Dopo la rivelazione delle tecniche usate, la maggior parte degli esperti ha immediatamente condannato l’esperimento e le autorità di Shenzhen hanno aperto l’inchiesta”. Secondo Regalado gli altri due condannati dal tribunale, Zhang Renli e Qin Jinzhou, che sconteranno rispettivamente due anni e diciotto mesi di carcere, sono quelli che hanno materialmente impiantato gli embrioni modificati “per scopi riproduttivi”.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.