Carles Puigdemont (foto LaPresse)

Cosa fare con il candidato Puigdemont? Il nuovo dilemma Ue

Eugenio Cau

L’ex leader catalano si è candidato alle europee mentre è in esilio autoimposto ed è ricercato dalla Spagna. Storie di immunità

Milano. Carles Puigdemont, ex governatore secessionista della Catalogna, oggi esiliato a Waterloo, Belgio, per sfuggire al giudizio dopo il referendum illegale dell’ottobre del 2017, ha messo l’Unione europea davanti a più di una situazione inedita. Dapprima ha testato la resistenza dell’Unione con il tentativo fallito di rivoluzione/secessione catalana, che sarebbe stata pacifica ma dolorosissima e piena di incognite. Nelle prossime settimane, invece, Puigdemont potrebbe costringere l’Ue a una nuova incognita: come gestire un eurodeputato in esilio?

 

Negli ultimi tempi Puigdemont, che vive l’esilio in una villa in Belgio, si era un po’ eclissato dalla vita pubblica in Spagna e Catalogna. Dopo la fuga all’estero, Puigdemont sembrava destinato a tirare le fila della politica catalana da remoto. Ma con il tempo i contatti si sono affievoliti, l’interesse dell’opinione pubblica è scemato, e con l’inizio del processo ai politici dell’amministrazione Puigdemont per il referendum indipendentista – sono a processo il vice di Puigdemont e molti i suoi ministri, che sono rimasti in Catalogna ad affrontare il giudizio mentre il loro leader andava a passeggio in Belgio – il ruolo dell’ex governatore catalano nella vita pubblica si è progressivamente ridotto. Lo si è visto alle elezioni generali del mese scorso: Erc, il partito di Oriol Junqueras (uno dei politici catalani a giudizio) è diventata la prima forza politica in Catalogna e ha surclassato JxCat, il partito di Puigdemont, nelle preferenze degli indipendentisti.

 

Così Puigdemont ha pensato a un nuovo modo per tornare al centro del dibattito: candidarsi alle elezioni europee. Questo è un inedito assoluto per l’Ue, perché Puigdemont non è un cittadino comune: vive in esilio autoimposto in un paese europeo, dopo essere fuggito dal suo paese europeo d’origine. Per questa ragione (Puigdemont è candidato in Catalogna ma non mette piede in Catalogna da quasi due anni) la Giunta elettorale spagnola aveva dapprima annullato la candidatura. Ma questa settimana il Tribunale supremo, con una decisione un po’ ambigua, ha contraddetto la Giunta stabilendo che Puigdemont potrà candidarsi alle europee, e considerando che quasi sicuramente sarà eletto adesso si aprono enormi problemi legali. Un eurodeputato eletto, infatti, deve ottenere l’incarico di persona nel suo paese d’origine. Ma se Puigdemont mettesse piede in Spagna, verrebbe immediatamente arrestato, in quanto ricercato dalla giustizia spagnola per reati come la ribellione e la sedizione. Qui comincia il guazzabuglio.

 

Gli avvocati di Puigdemont sostengono che, se eletto, l’ex leader catalano non avrà bisogno di andare in Spagna per ottenere l’incarico di europarlamentare. E se anche alla fine fosse costretto ad andare in Spagna, in quanto europarlamentare godrebbe dell’inviolabilità: gli spagnoli non possono arrestarlo. Alcuni funzionari europei si sono già espressi su questo punto, tuttavia, e dicono che l’immunità scatta soltanto dopo che il candidato eletto ha ottenuto l’incarico nel suo paese d’origine: dunque Puigdemont sarebbe arrestabile.

Ma al netto della giurisprudenza, Puigdemont mette la Spagna e l’Unione europea davanti a una situazione insostenibile. Mettiamo che il catalano si presenti in Spagna da neoeletto deputato Ue, e venga arrestato: come reagirebbe l’Unione? Dove si porrebbe il limite tra la difesa delle istituzioni europee e le prerogative di uno stato membro?

Mettiamo però che non venga arrestato, passi a Madrid per l’incarico e torni sereno a Waterloo: il governo spagnolo sarebbe subissato di critiche, e i neofranchisti di Vox sarebbero i primi ad avvantaggiarsi. E’ una situazione inedita, e comunque vada l’Unione europea finirà in grande imbarazzo.

  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.