Jimmie Akesson (foto LaPresse)

Ispirazioni svedesi

Redazione

A Stoccolma non c’è governo, ma a livello locale gli antipopulisti fanno coalizioni

A quasi tre mesi dalle elezioni, la Svezia è ancora senza un governo, ieri è stato nominato per provare a formare il governo per la seconda volta l’attuale premier in carica, il socialdemocratico Stefan Löfven, che era già stato sfiduciato all’indomani del voto. Poi anche il leader dei Moderati, Ulf Kristersson, è stato bocciato e così anche Annie Lööf, del Centro, e così si ricomincia il giro, anche se molti dicono che in Parlamento l’umore non è cambiato nei confronti di Löfven, pure se c’è molta paura di andare a un altro voto – la paura è legata ai Democratici svedesi, che nonostante il nome sono i populisti guidati da Jimmie Akesson: un’altra elezione potrebbe accrescere il loro consenso, che a settembre era del 18 per cento.

 

L’obiettivo di Akesson è comunque in parte raggiunto: l’ingovernabilità. Ci si può chiedere quanto un obiettivo del genere abbia a che fare con l’interesse (first) della Svezia, ma è una domanda che ancora non ha risposta, o forse ce ne ha una semplice e indicibile: niente. Ma tant’è. E tant’è anche che laddove la macchina politica non si può fermare troppo a lungo perché se si inceppa le conseguenze sono gravi – nelle amministrazioni locali – si è trovata una soluzione. Politico Europe ha raccontato che nei 290 comuni svedesi si sono formate molte coalizioni tra i partiti che hanno comunque ottenuto l’80 per cento dei voti alle elezioni: 64 sono governati dai centristi con la sinistra; 27 dai centristi con i Verdi; 37 dai Liberali con la sinistra; 26 i Moderati con la sinistra insieme. Un esperto dice: “I Democratici svedesi diventano sempre più grandi, ma i partiti d’establishment stanno diventando anche loro molto innovativi”. Il collante per queste coalizioni è fatto di necessità e di pragmatismo, certo, ma anche di un superamento di un modo di pensare che al momento non è più attuale (può darsi che ritorni): ci assomigliamo più tra di noi, destra e sinistra ed europeisti, che noi e quel 20 per cento. Questa consapevolezza sarebbe utile anche a livello nazionale, in Svezia, ma magari anche più giù, nel nostro sud.

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