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Faccendieri sovranisti

I complottisti alla luce del sole, da Londra a Tampa

Paola Peduzzi

Eccoci, ci dovete guardare. "Free Tommy Robinson", QAnon e quel che li unisce

Milano. Si sono presentati in piazza quando Donald Trump è arrivato a Londra a inizio giugno, con il cerotto sulla bocca, le bandiere inglesi, i cartelli e le magliette “Free Tommy Robinson”, e il volto di lui, Tommy, che di nome fa Stephen Christopher Yaxley-Lennon e di pseudonimi ne ha almeno altri due, Andrew McMaster e Paul Harris, attivista di estrema destra, arrestato a maggio (in diretta Facebook) dopo aver pubblicato un video legato a un processo contro pedofili musulmani e aver ostacolato i lavori della corte. Per la manifestazione in occasione della visita trumpiana c’era molta polizia: all’appuntamento precedente, i sostenitori della liberazione di Robinson avevano lanciato ogni genere d’oggetto contro le forze dell’ordine e fatto i consueti saluti nazisti. La manifestazione pro Robinson si è unita a quelle pro Trump, e il presidente americano, qualche giorno dopo, ha detto ai giornalisti: voi non avete raccontato nulla come vostro solito, e vi siete soffermati sulle proteste contro di me, ma in realtà a Londra ci sono state molte manifestazioni a mio favore, non è vero che non sono amato. In molte c’erano i sostenitori di Robinson.

 

Si sono presentati martedì sera a Tampa, in Florida, a un evento di Donald Trump, con i cartelloni con la “Q” e le magliette “We are Q”, dove per Q si intende QAnon, “una comunità interattiva di cospiratori”, è stata definita: “Q” è il riferimento governativo per l’accesso a informazioni top secret; “Anon” è il nome di questi cospiratori, gli “anons”. Si muovono tra sparute proteste e un grande attivismo online per mettere a punto “The Storm”, la tempesta che porterà a Guantanamo tutti gli ex presidenti americani ancora in vita, accusati di ogni nefandezza, dall’organizzazione di operazioni paramilitari in combutta con i terroristi ad attività pedofile, alle ormai celebri cene sataniche dei democratici, alle quali crede anche Marcello Foa, proposto come presidente della Rai dal governo Conte (poi bocciato con i voti di Forza Italia: è uno scontro politico, non nel merito delle credenze di Foa). Gli “anons”, pro trumpiani sicuri che siano stati i militari a convincere Trump a candidarsi per portare ordine in una Casa Bianca annichilita da decenni di presidenti killer, corrotti e viziosi, hanno preso a presentarsi agli eventi pubblici di Trump, li chiamano le loro “feste di coming out”, il passaggio dal buio delle cospirazioni inascoltate alla luce delle telecamere, delle foto in prima fila. A Tampa, un gruppo di “anons” ha urlato contro il giornalista della Cnn Jim Acosta – al quale Trump, nella conferenza stampa a Londra, non dette la parola dicendogli: tu sei fake news – mostrando i cartelli “Fuck the media”, mandandolo a quel paese e insultandolo (si sente chiara una voce di donna che dice: pezzo di merda). “E’ come se tutte le teorie del complotto si fossero ricostituite in una sola”, ha detto Ben Collins dell’Msnbc, commentando QAnon e le sue credenze.

 

I complottisti esistono da sempre, ma ora godono di una inedita legittimità, vogliono la luce e la ottengono. Non saranno proprio i media a concederla, tanta luce, riprendendoli agli eventi e spiegando le loro idee? Può darsi, il dilemma c’è sempre, è meglio ignorare o è meglio raccontare?, ma non si può imputare ai media tradizionali il fatto che, in questa stagione, certe leggende complottiste siano diventate molto più presenti, e ascoltate. C’è una cassa di risonanza molto più organizzata rispetto al passato, e se si uniscono i puntini, anche quelli apparentemente lontani come le proteste per Robinson e QAnon, ci si imbatte sempre più o meno negli stessi nomi, nella stessa ideologia, assieme a una gang di troll e bot solerti e spesso finanziati dalla Russia. Due giorni fa, quando Robinson è stato rilasciato su cauzione, per avere informazioni sulla campagna “Free Tommy Robinson” si poteva telefonare al brexiteer Raheem Kassam, che è stato direttore dell’edizione inglese di Breitbart, che è sodale di Nigel Farage, che si occupa delle relazioni esterne di Steve Bannon, lavorando con Alexandra Peate, a capo della società di pr di Bannon. Tra i sostenitori celebri di QAnon c’è l’attrice Roseanne Barr, protagonista della serie “Roseanne” che è stata chiusa dopo un tuitt razzista della Barr sull’ex consigliera di Obama Valerie Jarret (diceva che era figlia dell’unione tra la Fratellanza musulmana e il Pianeta delle scimmie). “Una battuta di cattivo gusto”, ha detto la Barr, anche se si sa che è molto di più, è il complottismo che è diventato politica, ed è sempre più aggressivo, sono qui e mi devi guardare, perché il mainstream sono io, non più tu, noioso fact-checker liberale al servizio di Soros.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi