Hassan Rohani (Foto Kremlin.ru)

Business protetti con l'Iran

Daniele Raineri

Così i governi europei mettono al riparo i loro affari con la repubblica degli ayatollah prima che scada l'ultimatum di Trump

Roma. La divergenza più grande in politica estera tra l’Unione europea e l’America dell’Amministrazione Trump è la questione Iran, finora. I governi europei vorrebbero preservare il patto del luglio 2015 sul congelamento del programma di ricerca iraniano (conosciuto anche con la sigla Jcpoa), mentre la Casa Bianca vorrebbe annullarlo – come molte altre politiche di Barack Obama – oppure quantomeno ridiscuterlo a nuove condizioni molto più dure. Questa differenza tra le due sponde dell’Atlantico era rimasta finora in secondo piano e non aveva prodotto conseguenze, se non minori. Per esempio durante il mese di gennaio le reazioni di America e paesi europei all’ondata di proteste che ha attraversato l’Iran e per ora si è smorzata (ricordiamolo: dopo non meno di 25 morti) sono state divergenti in modo molto chiaro. Il presidente Trump si è schierato a favore dei manifestanti quasi subito e ha tifato per un rovesciamento del regime, sebbene irrealistico, i governi europei invece sono stati molto tempo a osservare e quando hanno parlato lo hanno fatto con molta titubanza e un linguaggio imbarazzato, che chiedeva a Teheran di esercitare prudenza e di non essere brutale nella repressione. Ora tuttavia potremmo essere di fronte al primo segnale spettacolare della spaccatura di fatto sull’Iran.

 

La Francia annuncia che offrirà crediti all’esportazione ai grandi compratori iraniani che acquisteranno beni francesi, per alleviare gli effetti di eventuali sanzioni economiche americane. In pratica come funziona? Una banca può prestare una (grossa) somma in euro a un iraniano a patto che li usi per acquistare prodotti francesi: in questo modo l’iraniano è incoraggiato a scegliere il prodotto francese, perché può godere di un prestito ingente in valuta pregiata, e il produttore francese che vende all’iraniano si sente in qualche modo garantito da denaro di stato. Questo commercio facilitato potrebbe compensare le difficoltà inferte dal ritorno delle sanzioni economiche, se torneranno. L’annuncio è stato fatto da Nicolas Dufourcq, capo della banca di stato Bpifrance, che ha parlato di una preparazione meticolosa e deliberata di questo piano per depotenziare lo scontro con Trump. “Ci abbiamo dedicato molto tempo nel 2017 e continuiamo a lavorare, ogni singolo giorno, sulle condizioni del nostro ingresso in Iran”. Dufourcq tiene a specificare che l’obiettivo è essere invulnerabili alle possibili rappresaglie di Washington: “Sarà un flusso di denaro completamente separato, non ci sarà nemmeno un dollaro in questo schema, nemmeno una persona con passaporto americano”. La stima dei potenziali contratti per i francesi è di circa un miliardo e mezzo di euro, ha spiegato sempre ieri in un incontro con alcuni deputati. I francesi hanno fatto un annuncio con la fanfara, ma non sono i primi: a gennaio l’Iran ha firmato un accordo simile per cinque miliardi di dollari con la holding Invitalia, controllata dal governo italiano, e a settembre c’erano stati accordi minori (ma sempre sostanziosi) con Austria e Danimarca per un miliardo e mezzo.

 

I tempi scelti per questa operazione francese sono molto interessanti. In teoria le offerte dovrebbero cominciare a partire da fine maggio, che è quando scadrà l’ultimatum imposto da Trump a metà gennaio contro il patto atomico. Se entro 120 giorni non ci saranno condizioni più dure, aveva detto il presidente americano, ci ritireremo dall’accordo. Vuol dire che l’offerta francese agli iraniani di intraprendere un commercio agevolato potrebbe coincidere con il ritorno imminente delle sanzioni economiche da parte degli americani. Il governo francese sta seguendo una linea molto baldanzosa sulla questione iraniana. A gennaio il presidente francese, Emmanuel Macron, avrebbe potuto diventare il primo leader europeo a visitare l’Iran, ma poi la chance è stata congelata per colpa delle manifestazioni e della repressione. Lunedì 5 marzo è in programma la visita del ministro degli Esteri francese, Yves Le Drian, che dovrebbe riprendere il filo della conversazione interrotta un mese fa. Anche in Italia c’è molta attenzione per il mercato iraniano: ieri pomeriggio in un grande studio legale di Milano c’è stato un incontro sulle opportunità politiche in Iran. Chi c’era lo definisce “promettente”, con la solita clausola: “C’è paura di Trump”.

Di più su questi argomenti:
  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)