Donald Trump (foto LaPresse)

Trump rinnova il deal atomico con l'Iran ma soltanto per 120 giorni

Daniele Raineri

Obama chiuse gli occhi su troppe cose per arrivare all'accordo storico, secondo un paio di scoop micidiali

Roma. Per quanto avesse già annunciato da mesi di voler rompere l’accordo sul nucleare con l’Iran, ieri l’Amministrazione Trump ha deciso che per ancora 120 giorni continuerà a comportarsi come se fosse ancora valido – anche se a ottobre lo aveva decertificato, vale a dire che si era rifiutata di dare conferma che l’Iran sta rispettando le condizioni del deal (che è il primo passo verso la rottura). La Casa Bianca quindi per ora soprassiede e forse per non destabilizzare troppo uno scenario già pericoloso non impone di nuovo all’Iran le sanzioni economiche che erano collegate al dossier nucleare – sospese dall’Amministrazione Obama nel 2015 – e ne impone invece di nuove, legate alle violazioni dei diritti umani. Questa è però “l’ultima volta”, a meno che il Congresso e gli alleati europei non rafforzino il deal con misure aggiuntive più strette, che riguardano per esempio la possibilità di effettuare ispezioni. L’ Iran al momento non ha replicato. I partner europei, vedi Francia, Regno Unito e Unione europea, sono riluttanti a seguire Trump e avevano già definito l’accordo con l’Iran come “il migliore possibile”.

 

Di questo nuovo clima revisionista contro il deal atomico fanno parte anche alcuni articoli che giudicano in modo assai più severo rispetto a prima l’operato dell’Amministrazione Obama: sarebbe stata troppo morbida con l’Iran, per arrivare al deal atomico e così raggiungere un risultato storico in politica estera. Uno di questi articoli è uscito a dicembre su Politico Magazine e racconta di un’indagine enorme – nome in codice Progetto Cassandra – della Dea, l’agenzia che si occupa della lotta al narcotraffico. Gli agenti di Cassandra erano riusciti a trovare le prove che Hezbollah, il gruppo libanese alleato dell’Iran, si è trasformato con successo in un cartello criminale che si occupa di narcotraffico per risolvere il suo problema di base – di fatto è un piccolo esercito in guerra in Siria (e si prepara a un possibile conflitto con Israele) e come tale è bisognoso di un ricco budget di mantenimento. Secondo la Dea, uomini di Hezbollah che vivono in Sudamerica avevano organizzato uno schema che funzionava così: portavano cocaina in America, con il ricavato acquistavano auto usate che esportavano nell’Africa occidentale e da lì con il denaro ripulito finanziavano Hezbollah. Ma l’Amministrazione Obama ha ostacolato il lavoro del Progetto Cassandra – per esempio non chiedeva l’estradizione di soggetti catturati in altri paesi – perché, secondo i critici, non voleva turbare la marcia delicata, negoziato dopo negoziato, verso il deal atomico.

 

Un altro pezzo che suona come un’accusa (non confermabile) è apparso a inizio gennaio sul giornale kuwaitiano al Jarida, che è considerato convenzionalmente come il giornale arabo su cui fonti israeliane fanno circolare notizie senza lasciare tracce. Al Jarida scrive che tre anni fa Israele aveva individuato vicino a Damasco e stava per uccidere il generale iraniano Qassem Suleimani, architetto con status leggendario di tutte le operazioni militari dell’Iran in medio oriente, ma che gli americani fermarono l’azione per non turbare Teheran.

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  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)