Un frame del video della fuga del soldato nordcoreano (foto LaPresse)

Che cosa ci dice il video che inguaia i nordcoreani nel villaggio dell'Armistizio

Giulia Pompili

Per rincorrere il disertore, un soldato oltrepassa il confine

Roma. Le immagini del soldato nordcoreano che scappa attraverso il villaggio di Panmunjom, nella Zona demilitarizzata lungo il confine del 38° parallelo, sono un documento molto utile per analizzare la strategia di propaganda che stanno adottando Corea del sud e America nei confronti di Pyongyang. I sei minuti e 57 secondi di video, diffuso mercoledì dal Comando delle Nazioni Unite che gestisce la parte a sud della Linea di demarcazione militare, inizia con un pick up militare che attraversa il Ponte delle 72 ore, il cosiddetto “ponte di non ritorno”, l’unico attraversamento tra Nord e Sud che nella guerra di Corea fu tenuto in piedi per permettere ai prigionieri di passare al Sud – sapendo che mai sarebbero potuti tornare indietro. Come nel “Ponte delle spie”, al centro del ponte passa la Linea di demarcazione militare, cioè il confine esatto tra i due paesi. Primo dettaglio: basta affacciarsi dalla collinetta che si trova in territorio sudcoreano per vedere che tutta l’area è tra le più controllate del mondo. Non c’è un centimetro quadrato non sorvegliato dalle telecamere, gli altoparlanti con la propaganda del Nord diffondono messaggi patriottici e contro gli imperialisti del Sud, le strade sono deserte, e un pick up che percorre la strada del “non ritorno” per un paio di minuti non è certo in incognito.

 

 

Seconda scena: il pick up si ferma accanto a uno dei prefabbricati della Joint Security Area, forse cade in un fossato, non riesce ad andare avanti, e allora il soldato scende dal veicolo e inizia a correre i pochi metri che gli restano per oltrepassare la Linea di demarcazione. Contemporaneamente, poche decine di metri più a est, quattro soldati vengono fuori dal lato più lontano del Panmon Hall, il palazzo che si trova di fronte alla Casa della Libertà sudcoreana. Corrono verso il pick up, arrivano proprio mentre il soldato sta scendendo dal veicolo e iniziano a sparargli addosso. Quaranta colpi, si conteranno alla fine. Ma è qui il momento più controverso di tutto il video, e il motivo per cui è stato diffuso: quando ormai il disertore è sparito dietro a un muretto, uno dei quattro soldati per due volte oltrepassa la Linea di demarcazione, in evidente stato di agitazione, guardando freneticamente a destra e sinistra in cerca del disertore. Secondo il comunicato diffuso mercoledì dal presidio di Yongsan, cioè il quartier generale delle Forze armate americane in Corea del sud, il soldato nordcoreano che ha oltrepassato la Linea di demarcazione per qualche secondo avrebbe violato l’Armistizio del 1953, l’accordo firmato proprio nel prefabbricato di Panmunjom. L’indagine del Comando interforze, durata più di una settimana e condotta da un team internazionale e perfino due membri “neutri” provenienti da Svizzera e Svezia, ha tolto ogni dubbio sulla capacità di risposta dei soldati del Sud, che avrebbero evitato l’escalation e la perdita di vite umane. Piuttosto, dicono gli americani, è la Corea del nord ad avere avuto un “atteggiamento provocatorio” – una somma degli “atteggiamenti provocatori” può valere l’autorizzazione a un first strike.

 

Secondo l’Armistizio, non solo non si può attraversare la Linea di demarcazione, ma soltanto 35 soldati possono essere presenti contemporaneamente nella Joint Security Area, sia al Sud sia al Nord. Era già successo il 7 aprile del 1996, quando centinaia di soldati nordcoreani entrarono nella zona per una specie di esercitazione: americani e sudcoreani protestarono, ma poi non accadde nulla. Sin dagli anni Settanta, quando morirono due soldati statunitensi in un’imboscata, non c’è un morto a Panmunjom – tanto è vero che è diventata una zona turistica, e lunedì scorso, il giorno in cui il soldato ventiquattrenne è scappato, era casualmente l’unico giorno della settimana in cui il villaggio è chiuso al pubblico. Tutto però può diventare un messaggio in codice e tutto può trasformarsi in propaganda. Per esempio, le condizioni di salute del giovane disertore: non è più in pericolo di vita nonostante le ferite riportate, e nonostante gli enormi parassiti che si portava nell’intestino, usati dalla Corea del sud per spiegare in quali condizioni verta l’assistenza sanitaria al Nord. Ma mercoledì è stato dato molto risalto anche al fatto che l’uomo, dopo il risveglio, si sia messo a guardare programmi televisivi occidentalissimi come la serie “CSI” e ad ascoltare il K-pop sudcoreano delle Girl’s Generation, che teoricamente i soldati del Nord non dovrebbero conoscere. Altro messaggio in codice: potete essere spietati e chiusi quanto volete, ma molti altri dei vostri soldati vorrebbero essere qui.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.