Las Vegas, spari sulla folla ad un concerto country (foto LaPresse)

La strage di Las Vegas e le bufale dell'Isis

Daniele Raineri

Lo Stato islamico rivendica l'attentato (almeno 59 morti), ma senza prove. Da un po’ di tempo ha il vizio delle fake news

Roma. Ieri pomeriggio l’agenzia Amaq dello Stato islamico ha rivendicato l’attacco di Las Vegas. Pochi minuti dopo, una seconda agenzia specificava, come a voler convincere gli scettici, che lo stragista si era convertito all’islam pochi mesi prima. Stephen Paddock, sessantaquattrenne pensionato che si faceva fotografare con alcolici e ragazze asiatiche e metteva le immagini su Facebook sembra un candidato poco probabile a una “operazione da martire” con il nome di Abu Abdul Barr al Amriki. A questo punto, soltanto una di queste due cose è vera: o Amaq dice il vero, e siamo di fronte a una dimostrazione di forza da parte dello Stato islamico che ha fatto una strage a Las Vegas (come minacciava di fare in un video a maggio) con un insospettabile, oppure mente e allora siamo di fronte alla caduta più rovinosa anche del gioiello più prezioso dello Stato islamico, il settore media.

  

Non è vero come talora si dice con superficialità che il gruppo terrorista ogni giorno spii le notizie in attesa di appropriarsi della responsabilità di qualche omicidio di massa. In passato, ha dimostrato di essere affidabile e di avere materiale esclusivo, come le rivendicazioni di attentatori suicidi registrate prima della morte – i due assassini di padre Jacques Hamel in Normandia, per esempio, oppure lo stragista del mercatino di Natale a Berlino, Anis Amri. Ma negli ultimi tempi, per la disperazione di portare ai seguaci del gruppo qualche notizia incoraggiante, invece che la consueta sfilza di battaglie perse e di bombardamenti subiti, lo Stato islamico ha cominciato a gonfiare i numeri e a spacciare bufale. La settimana scorsa per esempio ha fatto circolare cifre esagerate a proposito delle perdite subite dall’esercito siriano nella Siria orientale, probabilmente perché si trattava di un’offensiva scatenata per fare da preludio al discorso del capo, Abu Bakr al Baghdadi, fatto circolare poco dopo. Era come se i leader avessero chiesto al settore media di dare notizie grandiose per fare da antipasto al sermone di Baghdadi – che parla una volta l’anno perché secondo fonti di intelligence irachena vive ormai dentro una bolla di sicurezza isolata dal resto del mondo e questo è un altro segno di sconfitta.

     

Amaq si è fatta indulgente con le fake news: a giugno si è appropriata di un raid con incendio dentro un casinò di Manila, che invece era opera di uno scommettitore imbufalito, tale Jessie Javier Carlos. “Si era convertito all’islam pochi mesi fa”, ha scritto lo Stato islamico, ed è la stessa frase usata ieri per intestarsi la strage di Las Vegas. Poi ci sono stati altri casi minori, come per esempio un allarme bomba all’aeroporto Charles de Gaulle. Ieri l’Fbi in conferenza stampa ha detto che per ora non c’è alcun collegamento con il terrorismo internazionale. E va notato che Paddock si è suicidato e non si è fatto abbattere dalla polizia durante l’operazione, come avrebbe dovuto fare un “martire”. Grave peccato anche secondo l’islam. Insomma, o il gruppo terroristico più pericoloso ma anche più in crisi del mondo non riesce a tirare fuori qualche prova a sorpresa – per esempio un video di Paddock che giura fedeltà a Baghdadi, la cosiddetta bay’a – oppure Amaq, che temiamo per i suoi annunci di stragi, ha fatto un passo verso il ridicolo.

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  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)