Manifestanti per le strade di Barcellona (Foto LaPresse)

Perché a Barcellona è in corso un "golpe", secondo i giuristi spagnoli

Silvia Ragusa

"Nel dibattito giuridico però è contemplata l’ipotesi di una destituzione del governo autonomo”, dicono gli esperti. Ma Madrid potrà togliere in ogni caso l’autonomia alla regione

Madrid. Mentre continuano le manovre intorno al referendum di domenica, con il governo di Barcellona che si dice pronto e presenta ai giornalisti le urne di plastica per votare, e il governo di Madrid che continua a mandare rinforzi, molti hanno già iniziato a puntare gli occhi al 2 di ottobre. Dopo il blitz della polizia giudiziaria della settimana scorsa, in cui sono stati arrestati diversi membri del governo locale, il governo catalano, con un’ostile solennità, ha dato per scontata la frattura, per sospesa l’autonomia regionale, ha sancito una rottura definitiva. E si è rivolto alla piazza. Ora, sembra davvero impossibile riportare le due posizioni sotto l’egida della stessa legge. “Siamo di fronte ad un mondo alla rovescia”, dice Fernando de Páramo, numero tre di Ciudadanos in Catalogna, “coloro che infrangono la legge danno lezioni di democrazia”. Il deputato accusa il governatore Puigdemont e il suo vice Junqueras di voler mettere fine alla convivenza civile e chiede al partito socialista di “smetterla di guardare a quello che fa Podemos” e posizionarsi accanto alla cittadinanza. “Lo sa che in questo momento il Parlament è chiuso? Resterà chiuso tutta la settimana”, dice. Tutte le altre questioni, a partire dai provvedimenti ordinari, sono sospesi. L’indipendenza ha finito per prevalere su ogni altra necessità, regolamento o discussione amministrativa.

 

Di fronte alla gravità del momento, il premier Mariano Rajoy ha fatto una dichiarazione misurata, difendendo le ragioni legali con fermezza e invitando la Generalitat a cambiare i suoi piani per evitare “danni maggiori”. Nello specifico la prossima mossa potrebbe essere quella di ricorrere all’articolo 155 della Costituzione. “Un articolo che può essere applicato solo in una situazione irreversibile”, dice Eduardo Virgala, docente di Diritto costituzionale all’Università dei Paesi Baschi. L’ipotesi è sul tavolo da giorni. Nemmeno Rajoy in persona ha escluso l’idea, ma finora ha tenuto bassi i toni. Per lo studioso, che già nel 2005 aveva scritto un articolo accademico intitolato “La coacción estatal del artículo 155 de la Consitución”, il governo centrale si trova di fronte a un “delitto di disobbedienza mai accaduto prima d’ora” e, per questo, potrebbe avere tutta la legittimità per applicarlo. “Non ci sono dei precedenti, perciò l’articolo non specifica quali misure possano essere attuate. Nel dibattito giuridico però è contemplata l’ipotesi di una destituzione del governo autonomo”, dice l’esperto.

  

In buona sostanza Madrid potrebbe sciogliere il parlamento catalano o sostituire uno o più membri del governo, ad esempio il ministro dell’Interno, con una persona designata. Ma non togliere l’autonomia alla regione. “Per utilizzarlo, il governo deve appellarsi all’articolo e indicare le misure che è disposto ad attuare, previo consenso della maggioranza assoluta del Senato”, spiega il costituzionalista. Una misura, però, che non sarebbe sufficiente per un intervento militare, come alcuni paventano. “Questo è previsto nell’articolo 116 solo nel caso di insurrezione armata”, precisa Virgala. “Da giurista credo che in questa situazione di grave crisi lo stato potrebbe seguire questa strada. Da cittadino penso che appellarsi al 155 sia l’unica via per riportare la Catalogna alla legalità”, dice.

  

Ne è convinto anche il collega Javier Tajadura che, insieme ad altri 400 cattedratici spagnoli, ha firmato un manifesto a favore della Costituzione, un testo in difesa delle norme del 1978 contro la deriva indipendentista del Parlament e della Generalitat. “Si tratta di una situazione eccezionale, di vulnus giuridico. Le leggi devono essere rispettate. Il dialogo è possibile solo all’interno della Costituzione”, dice. “Ciò che è stato approvato in Catalogna il 7 settembre – mi riferisco alla legge sul referendum e alla legge di Transitorietà – è assolutamente illegale, illegittimo e come tale punibile, come qualsiasi delitto contro la Costituzione. Si tratta di provvedimenti golpisti che non hanno alcun valore giuridico”. “Non è possibile valicare i confini del diritto fondamentale e le sue garanzie, se non fuori da quella che è la nostra democrazia”. Proprio per questo la preoccupazione tra i giuristi aumenta, giorno dopo giorno. “Credo ci siano solo due alternative: la prima è lasciare che il caos diventi la regola. La seconda è che lo stato si imponga con tutte le misure disponibili per fermare il golpe e voltare pagina. Entrambe sono soluzioni terribili, ma preferisco senz’altro quest’ultima”, conclude Tajadura. “Nessuno può saltare a piè pari le regole della Costituzione”.

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