Il leader della Fdp, Christian Lindner (foto LaPresse)

I liberali tornano king maker e vogliono affamare l'euro-burocrazia

Marco Cecchini

Il consigliere Otto Fricke ci dice che l’Fdp non può stare in coalizione con Merkel senza avere il controllo delle Finanze

Roma. L’Fdp non è più il partito del “dentista con la Porsche”. Avversari politici e commentatori snob li avevano cucito addosso l’etichetta di un elettorato ricco, piccolo borghese e minoritario, dopo la rovinosa uscita dal Bundestag nel 2013. Ma oggi il raggruppamento dei liberal democratici tedeschi, con una dote elettorale che sfiora l’11 per cento, è tornato a essere il king maker della politica tedesca: tassello chiave dell’unica coalizione che sulla carta sembra al momento possibile, quella nero-giallo-verde tra Cdu-Csu, Verdi e Fdp appunto. Passata l’euforia di un successo inatteso in queste proporzioni, il vertice del Fdp raffredda tuttavia le speculazioni che corrono a Berlino.

 

“Non vogliamo entrare a tutti i costi nella coalizione e nel governo”, spiega al Foglio, Otto Fricke, 51enne presidente dell’Fdp del Nord Reno Westfalia (il land più importante e popoloso), ex presidente della Commissione Bilancio del Bundestag e oggi esponente di spicco del direttivo federale. “Quando mangi un gelato, ci puoi aggiungere la panna e magari una ciliegina, ma è buono anche senza”, ci dice; dove la ciliegina sta per l’ingresso nel governo e il gelato per quello in Parlamento. Melina prenegoziale. E del resto lo stesso Fricke avverte che “il negoziato se ci sarà, sarà lungo, almeno fino a dicembre secondo la prassi degli ultimi anni e come sempre non sarà esente da compromessi”.

 

Certo è che il ritorno in grande stile dei liberali nel Bundestag assomiglia a un revival del liberalismo tedesco delle origini e un saluto alle contaminazioni keynesiane di questi anni di governo Cdu-Spd: rilancerà nel dibattito politico parole d’ordine come libero mercato, privatizzazioni, ceto medio, flexsecurity, riduzione delle tasse e della spesa pubblica improduttiva. Insieme a slogan come immigrazione controllata ed Europa del diritto, una formula con cui l’Fdp scolpisce una Unione dove ogni paese deve essere finanziariamente responsabile. “Non siamo neo liberisti, siamo liberisti”, ha detto il 38enne presidente del partito, Christian Lindner in un’intervista.

 

 

Rispetto al 2013 Fdp ha raddoppiato i consensi e gran parte di questi voti vengono dalla Cdu. “Angela Merkel ha pagato le posizioni assunte sull’immigrazione nel 2015, ma anche un certo immobilismo riformatore – ragiona Fricke – Il paese oggi va, ma il futuro è nebuloso: il bilancio è in pareggio ma i conti in nero sono ottenuti con un aumento delle tasse sul ceto medio e non con una loro diminuzione. L’export di macchinari industriali è eccellente ma il digitale resta indietro”.  La digitalizzazione del sistema è uno dei punti qualificanti del programma liberale. Per finanziarla Fdp propone di vendere la quota detenuta dallo Stato in Deutsche Telekom e Deutsche Post. Il programma liberale prevede poi maggiori dotazioni alle forze dell’ordine, l’istituzione di una polizia di frontiera europea e un delicato capitolo sull’Eurozona. Ieri Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea, non ha voluto commentare le elezioni tedesche ma ha ribadito che la decisione sul rientro del Quantitative easing verrà presa più avanti, per dire che le convulsioni politiche non cambiano la rotta. 

 

Fricke spiega che “l’Fdp è un partito sinceramente europeista, ma non vogliamo un’Europa grassa, bensì snella. In questi anni l’Esm (il Fondo salva stati europeo di cui la Germania è maggiore contribuente, ndr)  ha elargito aiuti a paesi in difficoltà a fronte di riforme modeste. D’ora in avanti quando si spendono i soldi dei tedeschi sarà il Bundestag ad avere l’ultima parola, come prevede la Costituzione”. Non è un buon viatico per il negoziato sulla riforma dell’Eurozona targato Macron, né per le ambizioni italiane in materia di flessibilità di bilancio. Ma il trauma dell’uscita dal Parlamento nel 2013 è ancora vivo. E la lezione che l’attuale vertice ne ricava è che “non puoi stare in coalizione con la Cdu se non controlli il ministero delle Finanze”. Il che non vuol dire che il prossimo ministro delle Finanze debba per forza essere un liberale (si fanno i nomi di Wolfgang Kubicki e dello stesso Fricke), ma che l’approccio ai problemi deve cambiare. “Non è una questione di poltrone, né di età ma di mentalità”. Il che dice comunque che un problema chiamato Wolfgang Schäuble esiste per la formazione di un eventuale governo nero-giallo-verde. E che il Schaubledammerung (la caduta di Schäuble) potrebbe non essere lontano.