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Problema: l'utopia Isis si estingue ma i fanatici a Londra ancora no

Daniele Raineri

Che si fa se lo Stato islamico muore in Siria e Iraq ma il suo messaggio risuona in Europa?

Roma. Per ora l’attentato di venerdì a Londra ha gli elementi di una storia definitiva contro l’accoglienza: i due anziani coniugi che si prendono cura di centinaia di ragazzi e a volte li adottano, la regina Elisabetta che nel 2009 li premia con l’ordine dell’Impero britannico per la loro dedizione al prossimo, l’iracheno e il siriano di 18 e 21 anni che si conoscono sotto il tetto di quella coppia e della loro casa famiglia e decidono di fare un massacro in nome dello Stato islamico contro tutto il sistema che li ha accolti, l’attentato che in potenza è micidiale – soltanto un malfunzionamento alla fine evita la strage, ma la bomba era stata costruita sullo stesso modello di quelle che il 7 luglio 2005 fecero 56 morti e centinaia di feriti nella metropolitana di Londra. Lo Stato islamico rivendica l’operazione (perché così può dire di essere riuscito di nuovo a bucare la barriera di sicurezza inglese e anche perché ci sono feriti), l’iracheno è catturato poche ore più tardi mentre tenta di scappare dal paese a Dover, il siriano è placcato il giorno dopo da agenti della polizia che subito gli avvolgono gambe e braccia nella pellicola di plastica per conservare le prove di eventuali contatti con esplosivo rimaste sugli abiti (grida: “Im’ sorry, I’m sorry, I’m sorry”). La coppia – Penelope e Ronald – ora è costretta a dormire da amici mentre la polizia scientifica è ancora impegnata a casa loro perché potrebbe essere il luogo dove la bomba è stata assemblata. Gli agenti hanno sgomberato anche le case vicine, hanno dato agli abitanti “un minuto di tempo”. I ruoli nel piano devono ancora essere chiariti, ma a questo punto la storia di Parsons Green è un cavallo di Troia perfetto. Cosa ci dice?

 

Numero uno, la grande paura dei combattenti che potrebbero tornare da Siria e Iraq a compiere attacchi in Europa è gonfiata, non è più il 2015, non è così facile rientrare, molti di loro sono morti o moriranno in Siria e in Iraq, dove squadre delle forze speciali inglesi e francesi danno la caccia a chi ancora è attivo.

 

Il pericolo sono i fanatici che sono rimasti: in tutti e quattro gli attacchi di quest’anno nel Regno Unito nessuno aveva combattuto all’estero per lo Stato islamico. Dieci anni fa si parlava della grossolana “flypaper theory”, la teoria della carta moschicida, vale a dire che se tutti gli estremisti andavano a combattere e a morire in Iraq il resto del mondo diventava un posto migliore. Ora comincia a diventare vero lo scenario opposto. Gli estremisti non partono più perché non hanno un luogo da raggiungere, fanno danni dove si trovano già. Il che porta al numero due, lo Stato islamico è al collasso in medio oriente, il progetto di creare un califfato è distrutto, ma il suo messaggio risuona ancora nei paesi europei e affascina un numero alto di musulmani (in percentuale assoluta è basso; in termini di rischio per la sicurezza è altissimo). Sappiamo che quella fascinazione scompare in caso di sconfitta, è successo nel 2010 quando il gruppo iracheno era in crisi profonda e non attirava più reclute – perché le utopie perdenti non convincono. Ma che si fa nel frattempo? Si aspetta che la carica di fanatismo omicida sbollisca? Come funziona il contenimento sul medio-lungo termine, per non finire come la coppia di benefattori inglesi che oggi secondo i giornali è disperata? Quanto lenta sarà la curva di estinzione degli estremisti dello Stato islamico in Europa quando il loro riferimento in medio oriente sarà sparito dal territorio e anche in Iraq i superstiti dell’Isis dovranno radersi le barbe per confondersi in mezzo alla gente normale, come facevano all’inizio della loro storia, dieci-quindici anni fa?

 

C’è chi dice che questa curva di estinzione non c’è: gli attentati sono destinati a incrementare di numero, vedi per esempio i due attacchi che ci sono stati in Francia venerdì scorso e che hanno fatto meno notizia a causa della strage mancata nella metropolitana di Londra. Un uomo armato di martello ha colpito le passanti a Lione, un altro armato di coltello ha attaccato una pattuglia di militari a Parigi. E’ possibile sostenere l’opposto, per esempio se si guarda alla crescente disorganizzazione degli ultimi attacchi: potrebbero essere come le V2 tedesche, le bombe a razzo che si abbattevano su Londra nella fase terminale della Seconda guerra mondiale e che non fermarono la disfatta della Germania hitleriana. Il punto fermo è che ci aspetta un periodo duro. Un commento firmato apparso sul Guardian di domenica, che esortava a riconvertire i foreign fighters reduci da Siria e Iraq “con la nostra umanità”, sembra non avere inquadrato per nulla il problema, ancora adesso.

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  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)