foto tratta dalla pagina Facebook dello scrittore

L'ultimo grande richiamo di Sifaoui all'insubordinazione contro l'islamismo

Mauro Zanon

Lo scrittore franco-algerino, che vive sotto scorta, continua a denunciare gli estremisti che conquistano sempre più spazio nelle società occidentali e i loro “collabò islamo-goscisti”

Parigi. Da quando ha raccontato in un libro, “Mes ‘frères’ assassins”, la sua incredibile avventura da infiltrato di una cellula di al Qaida con base a Parigi, è costretto a vivere sotto scorta ventiquattro ore su ventiquattro. Gli islamisti vogliono la sua morte perché è un “murtad”, un apostata, ma lui, Mohamed Sifaoui, scrittore e intellettuale franco-algerino, fuggito da Algeri a 32 anni per trovare rifugio politico nella capitale francese, continua a denunciare gli estremisti che conquistano sempre più spazio nelle società occidentali e i loro “collabò islamo-goscisti” che per ideologia e clientelismo elettorale accettano di sottomettersi. Si chiama “Une seule voix: l’insoumission” l’ultimo appello alla libertà del musulmano laico Sifaoui uscito per le edizioni Plon, ed è un racconto della sua esperienza di giornalista disobbediente, attore della società civile e cittadino impegnato in difesa delle libertà fondamentali, contro le derive dell’islam nelle società occidentali e di quella sinistra radicale che per il terrore di essere accusata di “islamofobia” ha rinunciato a battersi per salvaguardare i valori cardine della République. Le sue inchieste sulla galassia islamista gli sono valse cinque fatwe, quattro in francese e una in arabo, il suo reportage sull’espansione dell’estremismo islamico, “La France malade de l’islamisme”, è stato bollato come “razzista” dai benpensanti, e per islametinfo.fr, sito di riferimento della comunità musulmana d’oltralpe, è un “islamofobo patentato”.

 

Sifaoui, il cui nome è apparso nella lista degli obiettivi dell’Isis citati nel 2016 dal jihadista Larossi Abballa, non ha mai smesso di battersi: “Non denunciare il totalitarismo islamico che è costato la vita a 150 persone durante il 2015 non è altro che è una nuova forma di negazionismo”, disse attaccando coloro che si rifiutavano di chiamare il nemico con il proprio nome. Nel 2006, ha testimoniato a favore di Charlie Hebdo, in occasione del processo intentatogli da parte di alcune associazioni musulmane per aver ripreso le caricature di Maometto apparse sulla rivista danese Jyllands-Posten. Lo stesso anno, ha preso le difese del filosofo Robert Redeker, minacciato di morte per un articolo critico nei confronti dell’islam pubblicato sul Figaro, e durante la campagna presidenziale del 2017, nel silenzio della gauche, ha attaccato i legami torbidi intrattenuti dall’ex candidato del Partito socialista, Benoît Hamon, con alcuni individui poco raccomandabili, e la sua politica “clientelare, comunitarista e compatibile con l’islamismo”. Nel suo ultimo volume, insieme politico e autobiografico, racconta tutte queste battaglie, dalla dissidenza durante i drammatici anni del Gruppo islamico armato (Gia) in Algeria, dove lavorava come corrispondente della rivista Jeune Afrique, alle crociate solitarie in difesa della laicità in Francia. Sulle pagine del settimanale Marianne, l’intellettuale libertaria Caroline Fourest, autrice del libro “Génie de la laïcité”, ha dedicato queste parole a “Mohamed Sifaoui, l’insoumis” e al suo appello alla disobbedienza. “L’insubordinazione di cui parliamo non ha nulla a che vedere con una postura da campagna elettorale o una rivolta da operetta. Può costarvi la vita, l’esaurimento nervoso della vostra famiglia, e distruggere la vostra reputazione. Provate per vedere. Sentiamo spesso dire che sono troppo pochi i ‘nati musulmani’ che insorgono contro i vigliacchi della loro religione. E’ falso. Sono numerosi. Più rari sono quelli che resistono a lungo. Ci vuole la pelle dura, e la testa dura, per resistere durante tutta la vita. Chiedete a Salman Rushdie o a Taslima Nasreen”. E ancora: “La cosa peggiore non è vivere sotto scorta, avere paura di essere aggrediti o uccisi davanti ai propri bambini, no, la cosa peggiore è il sussiego e il disprezzo di coloro che non rischiano niente quando vi infamano. La loro violenza fredda, la loro cattiva fede, l’energia che utilizzano quando parlano per impedirvi di esprimervi, quando vi tengono i polsi mentre siete linciati, quando vi sputano alle spalle mentre siete minacciati frontalmente. Queste persone qui, sono la cosa peggiore”. Sifaoui, nel suo libro, li chiama gli “utili idioti dell’islamismo”.

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