Unesco scatenata contro Israele. E islamizza le città sante dell'ebraismo
Nelle riunione annuale a Cracovia l'organizzazione prima ha definito Israele “potenza occupante” a Gerusalemme poi ha assegnato all'islam e ai palestinesi la sovranità della tomba dei patriarchi a Hebron
Roma. È furioso Israele. Il premier Benjamin Netanyahu ha definito la risoluzione “surreale”. “Ovunque in medio oriente si fanno saltare in aria moschee, chiese, sinagoghe, tranne che in Israele”. Emmanuel Nahson, portavoce del ministero degli Esteri, ha denunciato così il voto: “La storia del popolo ebraico è iniziata a Hebron e nessuna ‘fake history’ può cambiarla”. E l’ambasciatore israeliano all’Unesco, Carmel Shama Hacohen, ha interrotto il suo intervento spiegando ai colleghi che aveva un problema di “toilette” a Parigi più urgente di quella pagliacciata antisemita. Perché in soli tre giorni, l’agenzia dell’Onu per la cultura e la scienza ha islamizzato le città più sante dell’ebraismo, Gerusalemme e Hebron.
Nella riunione annuale a Cracovia, in Polonia, prima l’Unesco ha definito Israele “potenza occupante” a Gerusalemme, la sua capitale storica e politica. “Non c’è niente di più vergognoso dell’Unesco che dichiara che l’unico stato ebraico al mondo è una potenza occupante al Muro Occidentale e nella Città Vecchia di Gerusalemme”, ha detto l’ambasciatore d’Israele all’Onu Danny Danon: “Nessun falso comitato per il Patrimonio dell’Umanità potrà mai spezzare i legami tra il popolo ebraico e Gerusalemme”. Due giorni dopo, l’Unesco ha tolto al popolo ebraico anche la sovranità della tomba dei patriarchi a Hebron, la città dei patriarchi biblici, inserendola fra i “siti in pericolo” e assegnandola all’islam e ai palestinesi.
Naftali Bennett, ministro israeliano dell’Istruzione e capo del Comitato israeliano dell’Unesco, ha dichiarato che “invece di proteggere centinaia di siti distrutti dall’islamismo estremista, tra cui la moschea al Nuri a Mosul, l’Unesco agisce contro l’unico paese del medio oriente che tutela tutti i luoghi sacri e riconosce libertà religiosa a tutti i fedeli”. Mentre la Polonia, la Croazia e la Giamaica avevano chiesto un voto segreto sulla votazione per consentire ad almeno una nazione che non ha rapporti diplomatici con Israele di votare contro la risoluzione, alla fine l’Unesco ha scelto di votare in maniera trasparente, riducendo così il numero dei paesi che avrebbero potuto convogliare nel fronte pro Israele.
Il risultato del voto era scontato. Quest’anno, fra i membri dell’Unesco, ci sono cinque paesi con cui Israele non ha rapporti diplomatici e molti altri che si schierano sempre con i palestinesi. La risoluzione su Hebron, che si riferisce alla città come “islamica”, nega migliaia di anni di presenza ebraica. Per questo il portavoce di Hamas, Abudllatif al Qanoun, si congratula con la risoluzione dell’Unesco che “demolisce la falsa narrazione israeliana”
Ma il miglior commento è forse quello di Eugene Kantorovich, giurista alla Northwestern University: “I palestinesi che cercano di negare all’Unesco la storia della prima tomba ebraica hanno scelto di farlo a Cracovia, il sito di una grande fosse comune ebraica”. Il riferimento è alla storia degli ebrei della città polacca durante la Shoah. “A Cracovia, dove sono stati eliminati gli ebrei, sradicano la storia ebraica”.
Un gruppo di sopravvissuti alla Shoah aveva chiesto all’Unesco e alla Polonia di non procedere col voto. “Sarebbe una dissacrazione della memoria dei milioni di ebrei morti sul suolo polacco”, aveva detto la fondatrice dello Shurat HaDin, Nitsana Darshan-Leitner. Anche l’ambasciatrice americana all’Onu, Nikky Halley, aveva chiesto di non riscrivere la storia di Hebron. Sembra ripetersi la scena di Schindler’s List, in cui i nazisti dichiarano prima di liquidare la comunità ebraica di Cracovia: “Oggi si fa la storia. Sei secoli fa, Casimiro il Grande – cosiddetto – disse agli ebrei che potevano venire a Cracovia. Per sei secoli c’è stata una Cracovia ebraica. Da questa sera quei sei secoli sono una diceria. Non sono mai accaduti. Oggi si fa la storia”. È quanto hanno fatto su Gerusalemme e Hebron i burocrati dell’Unesco in combutta con i regimi islamici.