Strage a Kabul, autobomba nel quartiere delle ambasciate (foto LaPresse)

L'eterno ritorno della guerra afghana

Redazione

Strage di civili a Kabul, l’isolazionismo di Trump messo alla prova

Pochi giorni fa il New York Times descriveva la guerra in Afghanistan paragonandola al “Giorno della marmotta”, la commedia romantica in cui Bill Murray si sveglia tutte le mattine per rivivere lo stesso identico giorno. Prima del Times, era stato il sergente Robin Spotts, appena inviato per la terza volta nell’Helmand, a dire al Guardian: “Sembra il giorno della marmotta”, tutto si ripete uguale a se stesso, e anzi peggiora. L’attacco esplosivo di ieri nel quartiere diplomatico di Kabul, dove un camion bomba ha provocato almeno 80 morti e centinaia di feriti, in gran parte civili, ha mostrato l’eterno ritorno della guerra afghana anche ai media e all’opinione pubblica internazionali. Con riflesso pavloviano, i giornali italiani hanno attribuito la strage allo Stato islamico, benché ieri non fosse stata emessa alcuna rivendicazione. Se gli autori fossero i soldati del califfo, sarebbe un segno di ripresa dopo l’uccisione, un mese fa, di Abdul Hasib, emiro locale dell’Isis. Ma anche i talebani, con il network Haqqani, sono stati molto attivi negli ultimi mesi con attentati spettacolari e articolati. Questo è uno dei segni del peggioramento della situazione: i nemici da combattere sono ormai tre, se contiamo al Qaida, mentre il numero di truppe occidentali sul terreno diminuisce. C’è un solo modo che conosciamo per interrompere il circolo continuo della guerra afghana: rimanere sul campo ed evitare l’errore fatto in Iraq, da dove l’America si ritirò precocemente nel 2011. Altrimenti tocca tornare e infatti i comandi militari americani hanno già chiesto a Donald Trump un “mini surge” da 5.000 uomini. Un piccolo incremento, ma forse troppo grande per le velleità isolazioniste del presidente.

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