Manifestazione Nazionale contro la legge sul lavoro a Parigi (foto LaPresse)

Il sonno della Cgil francese dà carburante alla destra lepenista

Marco Bentivogli*

La Cgt è stata scavalcata dalla Cfdt in termini di rappresentatività e il suo gruppo dirigente non si è accorto di aver pasturato per il successo di Marine Le Pen

Roma. “Né con Macron né con Le Pen”. Questa è l’indicazione ufficiale del sindacato dell’estrema sinistra francese, la Confédération générale du travail (Cgt). Ma è tutt’altro che una scelta di indipendenza ed equidistanza. Dopo un anno di mobilitazioni contro la riforma Loi Travail, la legge El Khomri (dal nome del ministro del Lavoro del governo) questi sono gli insegnamenti che la Cgt ha tratto e che ci consegna per il ballottaggio delle presidenziali. In realtà, la riforma del lavoro prendeva spunto dalle riforme Hartz tedesche del 2003 e che i media italiani sono riusciti a far passare come mobilitazioni contro il Jobs Act italiano con tanto di striscioni fake sui social, che dicevano, “non finiremo come l’Italia”. Lotta scemata dopo quattro mesi e ormai concentrata su servizi pubblici essenziali, i blocchi stradali dei camionisti e la loro capacità di rallentare la circolazione e i porti, raffinerie e l’accesso ai centri industriali, e sconfitta con l’approvazione definitiva della riforma. La Cgt è sempre stata più forte per il clamore delle mobilitazioni che per la rappresentatività con circa 900.000 iscritti. Tra gli slogan più intonati c’era “Nessuna, nessuna, nessun’esitazione, è la, è la, è la Rivoluzione” oppure “No, no, no alla legge dei padroni, sì, sì, sì alla rivoluzione!”. In realtà non c’è nulla di rivoluzionario nell’estremismo. C’è la deriva gruppettara di un sindacato ideologico che lascia ai casseur e agli studenti la gestione del conflitto. Per questo la Cgt non fece richiesta di modifiche ma di ritirare la legge. La Confédération française démocratique du travail (Cfdt), sindacato riformista, al contrario, l’aveva sostenuta per i vantaggi in essa contenuti, e considerava importante l’art. 2 quello che spingeva sulla contrattazione di secondo livello assieme ad altri aspetti relativi al welfare.

 

Qual è il bilancio della lotta della Cgt? La riforma è stata approvata e la Cgt è stata scavalcata dalla Cfdt in termini di rappresentatività. Non solo. Il suo gruppo dirigente non si è neanche reso conto di aver pasturato per il successo di Marine Le Pen. È lei che ha raccolto i semi velenosi dell’estremismo sindacale. Che dire di una sinistra demagogica e populista che prepara il terreno alla destra. L’epilogo è nell’immagine delle fiamme addosso al celerino francese nel corteo del 1° maggio a Parigi e le scritte “tout le monde déteste la police” che eccitavano la sinistra radical movimentista parigina e allo stesso tempo consegnavano alla peggiore destra la più pericolosa rappresentanza del tema sicurezza. Eppure la Cfdt avrebbe voluto una grande manifestazione unitaria per il 1° maggio. E ha invitato a “battere il Fronte nazionale e quindi a votare Macron”. La Cgt e Fource Ouvriere (a braccetto anche contro la Loi Travail) non hanno accettato. Il massimo che ha saputo fare la Cgt è un documento contro la Le Pen dal titolo “diga in fondo a destra”.

 

Ma i lavoratori vedono sempre più quello che fai per lungo tempo che quello che dici. Questo è il senso di responsabilità, altro che fronte popolare. Eppure in Italia qualcuno diceva “facciamo come in Francia”, no grazie. O forse sì, come in Francia bisognerebbe fare come Macron, anche se un po’ tardivamente. Di fronte ai fischi degli operai della Whirlpool, che avevano appena applaudito la Le Pen che gli aveva servito il nemico a buon mercato per la loro disperazione (i migranti e la globalizzazione), Macron a testa bassa ha continuato a spiegare che i migranti possono essere una risorsa e che bisogna occuparsi di sviluppo industriale senza demagogia. È vero, bisognava restare con lo spirito iniziale delle manifestazioni, quello della “notte in piedi” (nuit debout), ma per farlo ad un certo momento bisogna esaltare le stelle e la speranza e non l’oscurità, su cui la destra populista non avrà mai rivali adeguati.

 

*segretario generale Fim-Cisl