Turchia, Tayyip Erdogan in conferenza stampa dopo il referendum (foto LaPresse)

Ricomincia l'epurazione in Turchia. Mille arresti e tremila mandati di cattura

Enrico Cicchetti

Ankara riprende le purghe contro la presunta rete golpista di Fetullah Gülen. Rapporti sempre più tesi con Bruxelles mentre l'opposizione annuncia il ricorso alla Corte europea dei diritti dell'uomo contro i risultati del referendum

In Turchia ricominciano le purghe contro la presunta rete golpista di Fetullah Gülen, l’imam e magnate dei media in esilio volontario negli Stati Uniti e che Ankara considera il mandante del fallito colpo di stato del luglio 2016. Dopo nove mesi di stato d’emergenza e a dieci giorni dal referendum costituzionale che ha consegnato superpoteri di governo al presidente turco Recep Tayyip Erdogan, il ministro dell’Interno turco Süleyman Soylu conferma oggi l’emissione di 3.224 mandati di cattura. La polizia ha arrestato 1.009 persone sospettate di far parte del movimento di Gülen, una rete – denominata 'imam segreti' – che secondo il ministro dell’Interno avrebbe "infiltrato le forze di polizia”. Altre 2.200 persone circa sono ancora ricercate.

  

L'operazione, coordinata dalla procura di Ankara, è stata condotta dalla polizia insieme ai servizi segreti in almeno 81 province ed è una delle più grandi avviate in questi nove mesi. All'indomani del fallito golpe, le autorità avevano arrestato 47.000 persone e licenziato o sospeso 120.000 tra soldati, poliziotti, insegnanti e funzionari pubblici.

Come ci si poteva aspettare, l'epurazione ha ripreso vigore dopo il 16 aprile, quando Erdogan ha vinto il referendum sull'ampliamento dei suoi poteri. Con la fine della campagna elettorale è facile immaginare che presto le purghe toccheranno anche altre istituzioni. Anche il partito di governo Akp, ad esempio, è pieno di ex sostenitori di Gülen, un tempo fedele alleato di Erdogan.

 

Il repubblicano Chp, principale partito di opposizione in Turchia, ha annunciato oggi che ricorrerà alla Corte europea dei diritti dell'uomo per contestare i risultati del referendum. Il tribunale di Strasburgo rappresenta l’ultima possibilità, dopo che ieri il Consiglio di stato turco ha respinto il secondo ricorso.

  

È una settimana critica nei rapporti tra Turchia e Unione europea. Ieri l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa aveva fatto infuriare Ankara per avere approvato, con 113 voti a favore e 45 contrari, l'avvio di un processo di controllo del paese, denunciando preoccupazioni sul rispetto dei diritti umani, della democrazia e dello stato di diritto. Una mossa “completamente politica”, per Erdogan, che in un’intervista a Reuters ha annunciato di volere abbandonare i negoziati per l’adesione all'Ue, accusata di islamofobia e di “chiudere le porte alla Turchia”.