Referendum Turchia, sostenitori Erdogan festeggiano dopo la vittoria (foto LaPresse)

Il Consiglio d'Europa vigilerà sulla Turchia post referendum

Redazione

L'Assemblea parlamentare approva l'avvio di un processo di controllo di Ankara. Preoccupazioni sul rispetto dei diritti umani, la democrazia e il rispetto della legge. Intanto il Consiglio di stato turco respinge il secondo ricorso dell'opposizione

L'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa ha approvato, con 113 voti a favore e 45 contrari, l'avvio di un processo di controllo della Turchia, denunciando preoccupazioni sul rispetto dei diritti umani, la democrazia e il rispetto della legge dopo il fallito golpe del luglio 2016 e l'imposizione dello stato di emergenza (Ankara viene sollecitata a toglierlo non appena possibile). L’Assemblea chiede anche il rilascio dei giornalisti detenuti e dei parlamentari in attesa di giudizio e invita la Turchia ad adottare "misure urgenti per ripristinare la libertà di espressione e dei media". Ankara è rappresentata all'Assemblea con 17 parlamentari, due dei quali hanno votato in favore del processo di controllo. Due inviati del consiglio si recheranno in Turchia per verificare la situazione.

Oggi intanto il Consiglio di stato turco ha respinto anche il secondo ricorso presentato dal partito di opposizione Chp contro la norma varata all'ultimo dall'Alto consiglio elettorale per considerare come valide anche le schede senza sigillo ufficiale. Secondo il Chp ciò avrebbe favorito in modo illecito la vittoria del sì al referendum sull’allargamento dei poteri del presidente votato domenica 16 aprile. La scorsa settimana era stato respinto un primo ricorso. La decisione del Consiglio di stato è motivata perché la misura adottata dall'Alto consiglio elettorale "non è una procedura amministrativa" e non rientra quindi nelle sue competenze, precisa l'agenzia Anadolu.

 

"Non dobbiamo considerare il referendum tenutosi in Turchia come la fine di un processo" aveva dichiarato il 23 aprile il segretario generale del consiglio d'Europa, Thorbjorn Jagland, specificando che l'organizzazione attende di vedere quali decisioni saranno prese ora ad Ankara, ma ribadendo che se si reintroduce la pena di morte non si può restare membri dell'organizzazione. "Gli articoli della Costituzione approvati con il referendum hanno bisogno di leggi d'applicazione e questo è un passaggio cruciale" ha spiegato Jagland, che si dice "particolarmente preoccupato" per gli articoli concernenti la magistratura, "perché una magistratura indipendente è un elemento fondamentale di qualsiasi società democratica e fondata sullo stato di diritto".

 

L'assemblea parlamentare dovrà discutere una bozza di risoluzione sul "funzionamento delle istituzioni democratiche in Turchia" che, pur considerando la situazione di "emergenza" venutasi a creare a seguito del tentativo di colpo di stato, presenta alcuni punti estremamente critici sull'adeguatezza democratica delle azioni intraprese dal governo e dalle istituzioni turche. La bozza di risoluzione presenta in allegato una serie di dati indicativi della gravità della situazione venutasi a creare in Turchia: 150.000 persone licenziate dai propri posti di lavoro, 100.000 persone sotto inchiesta di cui 44.000 imprigionate in attesa di processo, 3.994 magistrati sospesi dalle loro funzioni di cui 3.659 obbligati a dimettersi. E sul fronte della libertà di stampa ed espressione 177 media chiusi, 150 giornalisti imprigionati, 2.500 licenziati, oltre a circa 2.100 istituzioni scolastiche e universitarie chiuse, circa 1.800 associazioni e fondazioni chiuse.

 

In appendice al rapporto preliminare, pubblicato dall'assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, viene presentata l'opinione contraria formulata da Talip Kucukan, presidente della delegazione turca all'assemblea parlamentare. Kucukan ritiene che il rapporto contenga "errori, affermazioni non provate e punti di vista soggettivi" e conclude affermando che il rapporto rappresenta un approccio discriminatorio nei confronti della Turchia e potrebbe portare al deterioramento delle relazioni tra la Ankara e il Consiglio d'Europa.