Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg (Foto LaPresse)

Nato e tormenti

David Carretta

Telefonate e inviti, ma l’Alleanza non sa come gestire l’insofferenza di Trump. La visita di Mogherini

Bruxelles. I membri europei della Nato hanno poco più di tre mesi per cercare di trovare una strategia comune di fronte all’insofferenza di Donald Trump per l’Alleanza atlantica e il ruolo degli Stati Uniti di garante della sicurezza sul Vecchio continente. La Casa Bianca ieri ha annunciato che, dopo una conversazione telefonica con il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, il presidente americano ha “accettato” un invito a partecipare a un summit dei leader Nato in Europa “a fine maggio”. Ma dai due diversi resoconti della telefonata pubblicati dalla Casa Bianca e dalla Nato emergono i contenziosi che rischiano di scoppiare da qui ad allora, con il pericolo di paralizzare l’Alleanza nel momento in cui deve fronteggiare una nuova offensiva russa in Ucraina. In quella che a molti è apparsa come una gaffe della Casa Bianca, Trump ha parlato con Stoltenberg di “potenziale per una soluzione pacifica del conflitto lungo il confine ucraino”. In realtà, gli scontri tra le forze del governo di Kiev e i ribelli sostenuti dalla Russia avvengono oltre 150 chilometri all’interno dell’Ucraina. Secondo gli analisti più maliziosi, Trump potrebbe aver già deciso di cedere in un modo o nell’altro il Donbass a Vladimir Putin nel grande scambio che sarebbe pronto a fare per resettare le relazioni. Il presidente sembra pronto a tutto pur di corteggiare il suo omologo russo, perfino sostenere l’equivalenza morale tra Stati Uniti e Russia, come ha fatto domenica sera in un’intervista a Fox News.

 

Stoltenberg è stato anche costretto a ricordare a Trump “la politica coerente di difesa forte e dialogo” che viene condotta dall’Alleanza atlantica, secondo il resoconto della telefonata fornito dalla Nato. Gli europei temono di trovarsi di fronte a un grosso problema – e dilemma – ucraino nelle prossime settimane. I ministri degli Esteri dell’Ue ieri hanno confermato la strategia delle sanzioni contro Mosca per le ripetute violazioni degli accordi di Minsk. “Tutti sono preoccupati” dall’escalation dell’ultima settimana, seguita alla prima telefonata tra Trump e Putin, ha detto il britannico Boris Johnson: “Le cause sono abbastanza chiare” e “il Regno Unito insisterà che non c’è spazio per un allentamento delle sanzioni, per tenere alta la pressione sulla Russia”. Ma l’unità dei 28 è fragile, di fronte alla possibilità che la nuova Amministrazione americana abbandoni le sanzioni. “Italia e Ungheria sono chiaramente contro le sanzioni e potrebbero approfittare di Trump”, spiega al Foglio una fonte diplomatica.

 

L’Alto rappresentante per la politica estera, Federica Mogherini, questa settimana volerà a Washington per i primi contatti con la nuova amministrazione, ma non è ancora certo un incontro con Rex Tillerson e James Mattis. Un sistema Onu che funzioni, di lotta al cambiamento climatico, medio oriente, Siria e Libia sono tra i temi su cui Mogherini ha spiegato che cercherà una convergenza di “interessi e punti di vista”. Ma per convincere Trump che il trumpismo globale non è la soluzione serviranno più di qualche ora di incontri. L’Ue spera che il vicepresidente Mike Pence possa giocare un ruolo maggiore nella politica estera e di sicurezza di Trump, in particolare per preservare la vecchia alleanza transatlantica. Pence sarà alla conferenza sulla sicurezza di Monaco a metà mese, prima di una serie di incontri con l’Ue e la Nato il 20 febbraio a Bruxelles. Ma le priorità di Trump sono diverse da quelle degli alleati europei, e non solo sull’Ucraina e la Russia. Basta paragonare i due resoconti della telefonata della scorsa notte. Per il presidente americano al primo punto c’è la necessità che gli “alleati Nato rispettino i loro impegni in termini di spesa per la difesa”. Stoltenberg ha invece scelto di sottolineare come priorità la “riconferma dell’importanza dell’Alleanza in un momento turbolento”. Alcuni osservatori temono che la spesa militare dei membri Nato possa essere un espediente per Trump per lasciar morire l’Alleanza. E, malgrado il tentativo di rilanciare l’Europa della difesa, l’Ue non è ancora pronta a fronteggiare il mondo senza essere spalleggiata dagli Stati Uniti. L’imprevedibilità di Trump spinge alcuni a evocare la necessità di riscoprire “l’escalation control” sull’uso delle armi nucleari della Guerra Fredda. “Durante la crisi di Cuba c’erano leader avversi al rischio”, spiega un diplomatico al Foglio. “Oggi c’è Trump con Twitter e Putin senza contropoteri. Il rischio di un incidente c’è”.

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