Thierry Baudet

Baudet è un po' liberale, un po' trumpiano e ha un obiettivo: la Nexit

Paola Peduzzi

Due chiacchiere con l’olandese anti Europa che studia da kingmaker delle elezioni. Al voto si presenta con il suo partito neonato. S’ispira ai Tory liberali per uscire dal “dramma” dell’Ue

Milano. L’Unione europea è “un disastro”, bisogna uscirne presto, rilanciandosi con “trattati commerciali nuovi e vantaggiosi”, avendo la capacità di attrarre cervelli e investitori, e aprendo dialoghi “con tutti i vicini”: i conflitti impoveriscono, evitiamoli. Sembra un manifesto della Brexit e invece no, è la sua variante olandese, la “Nexit” (termine orrendo), come ce la racconta Thierry Baudet, il leader del Forum della democrazia, il neonato partito olandese anti establishment che aspira a diventare ago della bilancia – parola magica per tutti i partiti piccoli in vista di coalizioni di governo – alle prossime elezioni in Olanda, il 15 marzo. Il partito ha soltanto cinque mesi di vita, ma è molto attivo sui social, “molto ottimista”, la campagna elettorale parte sabato sera con una festa. Obiettivo: ottenere 10-12 seggi (su 150) e diventare “kingmaker” della futura coalizione di governo, “che possiamo formare con chiunque voglia allearsi con noi”, dice. Baudet ha appena compiuto 34 anni, ha insegnato all’università, tra i suoi mentori ci sono il britannico Roger Scruton e l’olandese Paul Cliteur (“delle star, è stato un onore lavorare con loro”), ha fatto il giornalista, s’è occupato di legge, filosofia politica, storia, si considera un intellettuale, un critico, un narratore ora è anche un politico, di quelli che non amano le etichette.

 

“Ho già scritto nove libri – racconta Thierry Baudet al Foglio – raccolte sul conservatorismo, sull’Europa, sui confini (tradotto in inglese, ndr), ho pubblicato anche un saggio sulla musica classica e un romanzo d’amore e sesso ai tempi moderni, e poi l’ultimo essay appena uscito, sui referendum”. Si è messo a studiare lo strumento referendario soprattutto in Svizzera, “ho approfondito anche il caso italiano – spiega Baudet – e devo dire che voi in Italia non lo utilizzate in modo appropriato: il referendum dev’essere proattivo, il tema del voto deve venire dalla gente per avere un senso, altrimenti non ha forza”. Fortunatamente non ci addentriamo in questioni costituzionali italiane, è chiaro che Baudet è un fan della democrazia dal basso e della lotta all’establishment, “un piccolo Geert Wilders” dicono i commentatori, facendo riferimento al leader del Partito della libertà che nei sondaggi va forte e sta polarizzando il dibattito olandese.

 

In realtà Baudet ha qualche perplessità sul paragone con Wilders – per quanto dica che “è un alleato naturale” – ma precisa che è stato proprio un referendum a fargli venir la voglia di entrare in politica: il Forum per la democrazia fino all’estate scorsa era un centro studi euroscettico, “il mio”, che contribuì all’organizzazione del referendum sull’accordo di associazione tra l’Ue e l’Ucraina, nell’aprile dell’anno scorso. S’impose il voto contrario all’apertura, come voleva lo stesso Baudet, con un quorum appena sopra la soglia (che in Olanda è al 30 per cento), ma poiché non si trattava di una consultazione vincolante “il governo ha finto di accogliere il risultato elettorale ma ha insabbiato tutto”, dice Baudet. E’ così che lui ha pensato di trasformare il think tank in un partito.

 

Come tutti i giovani in politica, Baudet non ama le categorie “antiquate”, “non sono di destra né di sinistra, sono un pragmatico, cerco di prendere il meglio dalle idee di entrambe le parti”, dice. E populista si può dire? Ride, non s’offende né si inorgoglisce, ribatte: “Non mi interessa essere definito populista o no, di certo a differenza di altri populisti io sono costruttivo e non soltanto distruttivo. Mi colloco in mezzo tra l’establishment e i populisti urlanti, mi piace proporre e non soltanto condannare il sistema attuale”. La condanna c’è naturalmente, chiara e forte, “l’establishment continua a voltarsi dall’altra parte, a negare che è in corso un cambiamento enorme, che riguarda l’Europa e l’America, tra la Brexit e Trump: lancia accuse di razzismo, ma non guarda, non capisce”. Però ci sono anche le differenze con i populisti ortodossi, che in Olanda sono incarnati da Geert Wilders, mattatore a Coblenza della grande reunion europea dei trumpiani anti europei con Marine Le Pen, Frauke Petry, Matteo Salvini. “Io ho un approccio liberale alla politica – dice Baudet – in economia propongo un abbassamento delle tasse ma anche una redistribuzione della ricchezza che si sostanzia nel togliere le tasse completamente ai redditi sotto ai 20 mila euro. Il sistema del welfare in Olanda è talmente vantaggioso che finisce per mortificare l’imprenditoria: è più facile ottenere sussidi che aprire un’azienda oggi, ma questo impedisce che si attivino processi virtuosi, anche nel mercato del lavoro che ha estremamente bisogno di flessibilità”.

 

Un populista liberale: in effetti questo tipo ancora ci mancava. E non finisce qui: “Anche sull’istruzione ho un programma straordinariamente progressista – dice – che si fonda sull’integrazione e sull’attrazione di nuove energie dal resto del mondo: sogno l’Olanda come la Silicon Valley europea, dinamica, aperta, positiva, ottimista”. Cielo, ma l’alleanza naturale con Wilders? “Dobbiamo riprendere il controllo dell’immigrazione – dice, rientrando nell’ortodossia – Non esiste che sia un’entità esterna e non democratica a decidere chi viene qui. L’Olanda ha un grave problema di integrazione soprattutto con la comunità musulmana, e su questo Wilders dice tutto giusto: c’è uno scontro valoriale in corso, i gay hanno paura a tenersi la mano per strada perché si sentono osservati, delle donne non parliamone nemmeno. È chiaro che questo è un grande problema per noi ma a differenza di Wilders non penso che vietare il Corano o chiudere le moschee siano soluzioni giuste. Io sono costruttivo, non mi piacciono i divieti, voglio far leva sulla comunità moderata islamica, che sostiene i valori democratici occidentali, e che può lavorare con noi per creare una nuova stabilità, un patto di coabitazione in cui sia chiaro che le nostre libertà democratiche e occidentali saranno rispettate”. A proposito di divieti, ma quello di Donald Trump all’immigrazione da alcuni paesi musulmani le piace o no? “E’ una decisione sensata – risponde Baudet – Molto brutale, è vero, ma è anche parecchio brutale quello che i terroristi fanno a noi. Mi pare una mossa intelligente”.

 

Come faccia questo politico chiacchierone e allegro a tenere insieme il trumpismo, le riforme, la pace con tutti i vicini – “che sia la Russia o la Turchia, bisogna parlare con tutti: certo Vladimir Putin è un leader ruvido, ma la via del dialogo e della diplomazia è l’unica praticabile” – e la Nexit resta un po’ misterioso, il populismo pragmatico è una materia confusa e difficile da maneggiare. Alla domanda “a quale leader occidentale s’ispira?” Baudet riflette ma non risponde, dice che sente di avere molte comunanze con chi pensa che l’immigrazione musulmana sia un problema e con chi combatte la politica dei confini aperti – “un dramma. Come l’euro. Un dramma” – ma non fa nomi. Preferisce parlare del mondo come se lo immagina, dell’Europa “che io amo tantissimo, ma deve cambiare” e poi dice in italiano “rinascimento”, ecco, questo vorrei, “un rinascimento europeo” (conosce un po’ di italiano, l’ha imparato per faccende amorose anche se c’è una motivazione ufficiale: è visiting fellow all’Istituto olandese di Roma). Baudet parla di energia, di democrazia, di giovani, “dai 20 ai 40 anni”, che devono diventare leader, sfruttare il cambiamento in corso, aprirsi, costruire coalizioni, “superare questo pessimismo che ci deprime”. Dice una parola in olandese, cerca la traduzione in italiano sul dizionario che evidentemente ha a portata di mano: “Disappunto, è questo il termine giusto?”. Conveniamo che intendeva depressione, ecco: il rinascimento contro la depressione, e mentre parla gli viene in mente che una fonte di ispirazione in Europa ce l’ha, è quella dei conservatori a favore della Brexit, i liberali che pensano che con l’uscita dall’Ue inizi il riscatto del Regno Unito, una nuova storia. Baudet vede una possibile convergenza con queste forze, per la Nexit, per governare, per intercettare il cambiamento. Ma dica la verità, cosa c’entrano Wilders e Trump con tutta questa apertura? “Dire la verità a una donna, sia mai”.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi