Juncker e Hollande oggi al Consiglio europeo (foto LaPresse)

Ecco l'effetto che fa il vuoto di potere dell'Ue

David Carretta

Poca (nessuna?) leadership, compromessi pericolosi. E occhio ancora a Tsipras

Bruxelles. Lo spettacolo al Vertice dei capi di stato e di governo dell’Unione europea giovedì è stato quello di un enorme vuoto di potere, in cui nessuno più è in grado di fornire leadership. A gennaio arriverà una nuova Amministrazione americana che potrebbe cambiare radicalmente il mondo e l’ordine post Guerra fredda, ma i leader europei non hanno voluto affrontare una discussione su come relazionarsi con Donald Trump. Vladimir Putin prosegue la sua campagna di propaganda e cyberattacchi per destabilizzare l’occidente e le sue elezioni, ma i capi di stato e di governo non hanno ritenuto opportuno andare oltre il rinnovo per sei mesi delle sanzioni contro la Russia per il suo intervento in Ucraina. Aleppo è caduta e i leader dei Ventotto hanno compiuto un gesto simbolico: accogliere il sindaco della parte est della città, Brita Hagi Hasan, e ascoltare il suo “ultimo messaggio” affinché sia fatto qualcosa per “salvare ciò che resta delle nostre vite, delle nostre donne e dei nostri bambini, aprendo un corridoio umanitario”. Le leve non mancherebbero.

 

 

L’Alto rappresentante, Federica Mogherini, ha fatto pressioni sul ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif, ricordandogli che l’Ue è essenziale per far sopravvivere l’accordo sul nucleare a seguito dell’elezione di Trump. “Dopo la telefonata i convogli sono passati”, dice al Foglio una fonte europea. Ma, dopo aver escluso nuove sanzioni alla Russia sulla Siria per l’opposizione dell’Italia, il Vertice ha prodotto solo un appello da ong per chiedere l’evacuazione dei civili, garanzie per le infrastrutture sanitarie e protezione umanitaria sotto monitoraggio Onu. La mappa del vuoto di potere europeo è determinata dal calendario elettorale del 2017. Olanda, Francia e Germania vanno alle urne, forse anche Italia e Grecia, nel momento in cui i partiti anti establishment sono in risalita. L’olandese Mark Rutte rischia il posto nelle elezioni politiche di marzo e ha ottenuto assicurazioni scritte che l’accordo di associazione con l’Ucraina non si trasformerà in adesione. Il francese François Hollande ha rinunciato a correre per un secondo mandato nelle presidenziali di aprile e maggio, ma deve dimostrare di non essere un’anatra zoppa sul piano internazionale. Paolo Gentiloni è un premier dimezzato dal suo mandato a tempo, ma ha cercato di mostrare che non è da meno di Matteo Renzi sull’insoddisfazione per la mancanza di solidarietà europea sui migranti.

 

Theresa May è occupata solo dalla Brexit, che gli altri 27 trattano come un dettaglio marginale rispetto alle priorità europee. Angela Merkel, che è la più stabile e finora aveva fornito leadership, deve fronteggiare una lunga campagna elettorale e ha rinunciato a fare la maestrina che mette ordine. Così, gli scolaretti si sono sentiti liberi e l’Ue si ritrova impotente. Il principale discolo è Alexis Tsipras, che vuole approfittare del vuoto di potere per rilanciare le sue sorti elettorali con 618 milioni di bonus natalizi per pensionati e isole che accolgono i migranti. Il commissario agli Affari economici, Pierre Moscovici, ha contestato la decisione dell’Eurogruppo di sospendere l’alleggerimento del debito greco per il mancato rispetto degli impegni assunti dal premier di Syriza. Tsipras ha parlato di “ricatti” e chiesto rispetto “per la sovranità” della Grecia, trovando come alleato Hollande. “Non si possono chiedere ancora sforzi supplementari alla Grecia o impedirle di prendere un certo numero di decisioni sovrane”, ha detto il presidente francese. Ma la valutazione della ex Troika è che le misure di Tsipras sollevano “preoccupazioni sostanziali” e la resa dei conti all’Eurogruppo è rinviata.

 

Il pericolo, se il premier greco sceglierà di continuare il braccio di ferro e andare a elezioni, è che i negoziati sulla prossima tranche di aiuti si protraggano fino all’estate, quando Atene rischierà di ritrovarsi nuovamente sulla porta d’uscita dell’euro perché senza soldi per rimborsare il suo debito. Sul resto dell’agenda del Vertice, a parte qualche impegno sulla difesa, è prevalso lo status quo. Sull’immigrazione Merkel ha cercato di ricordare ai paesi dell’est i loro obblighi in termini di solidarietà, chiedendo un accordo entro marzo. Per la riforma di Dublino l’obiettivo è fissato a giugno 2017. Ma in realtà “servirà molto più tempo per arrivare a una soluzione”, spiega al Foglio un diplomatico. Sull’economia, i Ventotto sono tornati a litigare su condivisioni e riduzione dei rischi nell’ambito dell’Unione bancaria.