Hillary Clinton (foto LaPresse)

Tutte le domande intorno alla polmonite presidenziale di Hillary Clinton

La salute della candidata democratica è passata da oggetto di teorie complottiste a tema centrale nella corsa finale alla Casa Bianca. Di certo, la gestione del dossier sulle condizioni fisiche della Clinton da parte del suo staff resta opaco

New York. D’improvviso il colpo di tosse di Hillary s’è trasformato da battuta sull’“allergia a Trump” a polmonite diagnosticata dopo una movimentata commemorazione dell’11 settembre, cosa che ha messo un sonoro “ve l’avevamo detto!” in bocca a tutti i complottisti conservatori che da mesi vedono chissà quale patologia dietro a ogni sospiro fuori posto. Ora il caravanserraglio dei cospiratori che va da Matt Drudge a Rudy Giuliani pensa di avere fra le mani una “september surprise” con cui silurare la campagna, e l’ostacolo viene dai bollettini medici, non dalle email pasticciate e gestite negli ormai leggendari server privati. Dalla cerimonia per i quindici anni dall’attacco alle Torri gemelle, Hillary s’è n’è andata accusando un “colpo di calore”, spiegato poi con una “disidratazione”, nulla che non fosse risolvibile con una sosta nell’appartamento della figlia Chelsea e con un consulto con il medico. La candidata è infatti riemersa sulle strade newyorchesi sorridente e in ottimo spirito, ha abbracciato bambini e proclamato che è “una bellissima giornata”, cosa che ha suggerito a molti che, in effetti, si trattava di una giornata piuttosto fresca per prendersi un colpo di calore, specialmente al termine di una settimana di canicola infernale. Nel dubbio, Hillary ha interrotto per due volte le comunicazioni con il gruppo di cronisti che la segue costantemente, lasciando il pubblico appeso a vaghi e intermittenti comunicati culminati con la diagnosi della polmonite.

 

Quale tipo di polmonite, in che modo è stata diagnosticata, qual è l’origine, se e in che modo le forme allergiche addotte a motivo della tosse che già diverse volte, ma specialmente nel giorno di Labor Day, hanno interrotto i suoi discorsi, siano collegate con il suo stato di salute attuale non è dato sapere. Certo è che Hillary “è stata messa sotto antibiotici e le è stato ordinato di riposare e modificare la sua agenda”, cosa che ha fatto immediatamente: è saltato il viaggio in California programmato per oggi e domani. Certo è anche che la polmonite ha fatto capolino dopo che è comparso in rete un video – la cui autenticità è ancora da confermare – che mostra Hillary ciondolante e incapace di reggersi sulle proprie gambe mentre abbandona la cerimonia dell’11 settembre.

 

Sincere o interessate che siano, le domande intorno alla salute di Hillary hanno fatto un salto di qualità, “catapultandole dai ranghi del complottismo conservatore a un posto di rilevanza centrale nella corsa presidenziale”, ha scritto Chris Cillizza del Washington Post. Qualche giorno fa Cillizza aveva scritto un articolo intitolato: “Possiamo smetterla di parlare della salute di Hillary?”. Evidentemente la risposta è negativa. La Clinton ha 68 anni ed è almeno da quando, anni fa, s’è accasciata rimediando un trauma cranico, che i suoi detrattori leggono ogni accenno di debilitazione come il segno di una malattia che la renderebbe “unfit” per la presidenza degli Stati Uniti. Alex Jones, complottista in chief del campo trumpiano, interroga quotidianamente dottori pronti a testimoniare che Hillary ha il morbo di Parkinson. Di Donald Trump, del resto, da anni si dice abbia l’Alzheimer o, in alternativa, la sindrome di Klinefelter.

 

Ciò che complica la posizione di Hillary, però, non è soltanto il contenuto della sua cartella clinica, ma anche le gestione opaca e clintoniana di tutto il dossier che riguarda la sua salute, con le continue ed esibite insistenze che quella tosse non rivelasse altro che una banale allergia stagionale. Lei e i suoi consiglieri hanno ripetuto fino allo sfinimento che lei sta benissimo e non c’è nulla da segnalare dal punto di vista medico. Invece qualcosa da segnalare c’è, anche se non si tratta della malattia mortale che un pezzo di destra complottista le attribuisce o le augura.