Donald Trump (foto LaPresse)

Tra virgolette

“Trump deve attaccare Obama e Hillary per vincere”, parola di Victor David Hanson

Redazione
Lo storico spiega come il candidato repubblicano possa invertire i sondaggi negativi

“Misteriosamente, ogni volta che tocca il fondo, anche prima del suo recente cambio di direzione, Trump inizia un ciclo di metamorfosi di due settimane in cui risale nei sondaggi fino a giungere a 2 o 3 punti dalla Clinton. Apparentemente Trump rappresenta qualcosa ben oltre Trump stesso. Sembra essere il mezzo, o meglio, il catalizzatore della rabbia popolare contro le élite, l’establishment globale dei media, dei politici, degli accademici e delle celebrità che si fa beffe della classe media, considerandola retrograda”.

 

Così inizia un lungo articolo pubblicato su National Review Online in cui l’autore, Victor David Hanson, prova a offrire una spiegazione di come Donald Trump abbia una buona possibilità di vincere le elezioni presidenziali, sopratutto in virtù della sua capacità di recuperare da ogni crollo nei sondaggi. Hanson è uno storico militare, professore di storia e di studi classici e fellow presso la Hoover Institution. Autore conservatore, Hanson ritiene che il candidato repubblicano, “riducendo le sue invettive e concentrandosi sull’incompetenza di Obama e la corruzione della Clinton, potrebbe riuscire a persuadere il 4 o 5 per cento degli elettori repubblicani e indipendenti che gli mancano a votare per lui”.

 

Questa convinzione nella possibilità di una rimonta, vista come difficile da molti commentatori, deriva dalla difficoltà che molti elettori avrebbero nel sostenere l’ex segretario di Stato, considerata inaffidabile perché: “ha mentito sulle sue e-mail, sul suo server personale, sulla presunta divisione tra le sue attività e quelle della Clinton Foundation. Hillary Clinton ha la necessaria faccia tosta, ma (al contrario di Bill) non ha l’istinto politico necessario a sostenere una simile prevaricazione seriale. (…) Se le fantasie di Trump sono le panzane, il narcisismo e l’infantilismo di un imprenditore edile e produttore di show televisivi, le menzogne della Clinton sono il prodotto freddo e determinato di una prevaricatrice sociopatica che distrugge tutti coloro che la circondano e provano a farsi largo nella sua rete di menzogne.”

 

Tuttavia, Hanson ritiene che questo fattore non basterà, a meno che Trump non riesca a imporre un tono a lui favorevole alla campagna. Infatti, sostiene lo storico, “la Clinton vincerà l’elezione se riuscirà (assieme a Trump stesso) a continuare a convincere il pubblico che Trump sia pericoloso, ripugnante e inadatto come mai nessun candidato prima di ora. (…) Ma se Trump riesce a cambiare il discorso e a parlare di politiche serie, sulle quali occasionalmente riesce ad essere un oratore capace e un avversario in gamba, allora i media sposteranno l’attenzione da Trump stesso alle notizie quotidiane. (…) A modo suo, Trump è in grado di attenersi a un discorso preparato quanto Obama, e, quando si impegna a rimanere disciplinato, eccelle come improvvisatore. Tutto ciò spiega come Trump non sia riuscito ancora ad autodistruggersi, e come, dato un periodo di recupero, risalga nei sondaggi fino a trovarsi a 2 o 3 punti di distanza da Hillary (…) Tuttavia, finora Trump è riuscito ad avvicinarsi alla Clinton, ma non a superarla di 3 o 4 punti. Per raggiungere quel risultato gli servono zelo e la fine degli inutili attacchi contro altri gruppi, uniti alla capacità di raccogliere un sacco di soldi rapidamente e di spargere il suo messaggio in una campagna multimediale”.

 

Smettere di alienare i voti moderati, e quelli delle minoranze è la chiave per vincere l’elezione. Hanson è sicuro che Trump, “se riesce a farsi votare da un altro 4 o 5 per cento di repubblicani, o se riesce a vincere un quarto del voto ispanico, o il 10 per cento del voto nero, ha buone possibilità di vincere l’elezione. Sono ovviamente dei grossi ‘se’”.

 

In una elezione normale apparirebbero come condizioni insormontabili, ma non quest’anno, quando tutto dipenderà dalla capacità del candidato repubblicano di dettare le regole del gioco conclude il professore. Secondo lui infatti “la gente comune è talmente infuriata con il politicamente corretto, l’élite di media e politici, i fallimenti di Obama, l’immoralità di Hillary Clinton che un candidato con zero esperienza politica, pochi fondi elettorali e seri difetti caratteriali potrebbe rovesciare un secolo di luoghi comuni politici. La scelta tra vincere e perdere l’elezione ora è principalmente nelle mani di Trump”.