Can Dündar

Il giornalista Dündar in fuga dalla Turchia è un messaggio per Bruxelles

Marco Valerio Lo Prete
Can Dündar, direttore del giornale di opposizione turco Cumhuriyet, si è dimesso ed è fuggito in Europa. Era stato condannato a cinque anni di detenzione con l’accusa di terrorismo, poi trasformata in violazione di segreto di stato.

Can Dündar, direttore del giornale di opposizione turco Cumhuriyet, si è dimesso ed è fuggito in Europa. Dündar, lo scorso maggio, era stato condannato a cinque anni di detenzione – con il beneficio della sospensione condizionale – con l’accusa di terrorismo, poi trasformata in violazione di segreto di stato. La sua colpa? Aver pubblicato le prove del sostegno del governo di Ankara, presieduto da Recep Tayyip Erdogan, ai militanti islamisti che operano in Siria. Linciato pubblicamente dalle autorità istituzionali del paese, anche per aver espresso solidarietà ai colleghi di Charlie Hebdo, sempre Dündar era scampato a un tentativo di omicidio fuori da un tribunale. Tutto ciò non lo aveva fermato. Adesso però il giornalista ha detto di non poter più riporre fiducia nelle autorità giudiziarie del suo paese. Complice la stretta repressiva operata dopo il fallito golpe dello scorso 15 luglio, con decine di migliaia di persone arrestate e licenziate (ieri è stato il turno di 44 imprese private perquisite perché accusate di essere vicine all’imam autoesiliatosi in America, Fethullah Gülen), il direttore di Cumhuriyet ha detto che fidarsi della giustizia locale “equivarrebbe a mettere la propria testa sulla ghigliottina”.

 

“D’ora in poi quello che ci troviamo a fronteggiare non è più un giudice, ma il governo stesso. Nessuna corte di grado superiore troverebbe nulla da obiettare di fronte a qualsiasi violazione della legge”. Ecco alcune delle ragioni che hanno spinto Dündar a lasciare la sua carica (anche se ha assicurato che continuerà a scrivere), e a fuggire in Europa. Secondo la stampa anglosassone, si troverebbe in Germania. Cioè nel paese la cui cancelliera, Angela Merkel, ha guidato il riavvicinamento con Erdogan, innanzitutto in nome del controllo dell’immigrazione. Tuttavia che il novello Solgenitsin abbia cercato rifugio nel Vecchio continente dovrebbe essere motivo di un qualche orgoglio. Perfino per quanti nella nostra classe dirigente con Erdogan devono negoziare. A loro farebbe bene tenere a mente le parole che l’ormai ex direttore ha consegnato a giugno in una intervista al Foglio: “Credo che Erdogan voglia esportare la sua tirannia in Europa e che sfortunatamente l’Ue appare pronta a subirla. Il fatto che l’Europa si stia piegando a questi diktat, per noi democratici turchi, è qualcosa di tragico”. Appellarsi in maniera burocratica ad Ankara affinché non reintroduca la pena di morte, ponendo ciò come unica condizione per continuare i pourparler con l’Ue, significherebbe tradire Dündar, milioni di turchi che anelano alla libertà, e in fondo anche noi stessi.