Mariano Rajoy (foto LaPresse)

Oggi in Spagna, domani in Italia

Claudio Cerasa
Non c’è alternativa alla gran coalición. Il percorso doveroso di Rajoy e Sánchez e quello di Renzi e di Berlusconi. E’ dura ma per combattere l’instabilità c’è solo un modo Possibile. Prove di un Nazareno di non belligeranza. In Parlamento ci sono i primi segnali.

Il titolo di questo articolo non c’entra nulla con la magnifica partita di ieri sera ma lo abbiamo rubato direttamente a Carlo Rosselli, che nel novembre del 1936, in uno storico discorso andato in onda in epoca franco-fascista su Radio Barcellona, invitò i compagni italiani a seguire l’esempio dei “rivoluzionari spagnuoli” per iniziare a costruire una prima forma di resistenza contro i regimi totalitari. Oggi in Spagna, domani in Italia, disse Rosselli. I tempi sono diversi, certo. I contesti non sono paragonabili, non c’è nessun regime totalitario alle porte e al contrario di quello che crede Roberto Saviano gli elettori che votano contro il sistema (Brexit) non sono né nazisti né fascisti ma sono soltanto elettori che chiedono in qualche modo di cambiare il sistema. Ma nonostante questo, dovendo ragionare sulle dinamiche politiche di due paesi in questa fase gemelli come sono la Spagna e l’Italia, il motto rosselliano è più che mai centrato ed è collegato a una certezza che riguarda tanto il governo spagnolo quanto quello italiano: la grande instabilità politica generata dall’ondata di incertezza successiva all’uscita del Regno Unito dall’Unione europea la si cura solo con una forma di stabilità straordinaria chiamata gran coalición.

 

In Spagna, dove la Brexit ha avuto l’effetto di far crescere i rassicuranti partiti di sistema e di punire i meno rassicuranti partiti anti sistema, la gran coalición tra il partito di Mariano Rajoy (Dio lo abbia in gloria) e quello di Pedro Sánchez (versione spagnola ma al maschile della Boschi) è complicata ma resta numericamente l’unica alternativa possibile per non ritornare al voto e non far ballare nuovamente le borse non solo spagnole. I mercati lo hanno capito e dopo il -12 per cento registrato a Madrid prima del voto di domenica ieri l’indice Ibex ha chiuso in negativo appena di un punto percentuale: l’incertezza c’è ma la strada per combattere l’instabilità esiste e come direbbero Pablo Iglesias e Pippo Civati è anche Possibile. Oggi in Spagna, domani in Italia. E il filo del nostro ragionamento, dal Parlamento spagnolo, arriva a quello italiano. Il voto sulla Brexit, si sa, ha rimescolato le carte in tavola e l’appuntamento legato al referendum sulla riforma costituzionale è destinato a diventare un punto di svolta non solo per Renzi e il suo partito ma anche per il più importante partito di centrodestra: Forza Italia. L’appuntamento con il voto referendario sul ddl Boschi – che non sarà più a inizio ottobre, come si credeva, ma verrà spostato tra fine novembre e inizio dicembre per far sì che prima del referendum sia già approvata alla Camera la legge di Bilancio, che si può votare a partire da ottobre, in modo tale che vi sia un cuscinetto per il paese in caso di vittoria dei no  – è destinato a diventare un passaggio chiave anche nei rapporti tra i due grandi partiti di sistema: una gran coalición, considerando che la posizione ufficiale di Forza Italia è e resterà quella per il no, è difficile da immaginare ma un Nazareno di non belligeranza, come chiedono tutte le principali istituzioni europee, è invece possibile. Silvio Berlusconi, quando uscirà dall’ospedale (il 4 luglio), si ritroverà con una squadra alla guida del suo partito più vicina alla famiglia (e al mondo Mediaset) e meno vicina a chi sogna di spostare il baricentro del centrodestra verso gli Iglesias e i Farage del centrodestra (Salvini).

 

E ieri in Parlamento, in questo nuovo quadro politico in cui un ruolo chiave lo giocano Gianni Letta e Fedele Confalonieri, si è registrato il primo segnale del nuovo corso: Forza Italia, sia al Senato sia alla Camera, ha votato la risoluzione di maggioranza presentata dal Pd “relativamente agli impegni assunti dal governo in vista del prossimo Consiglio europeo” (dichiarazione di voto firmata da Valentino Valentini, vecchia guardia di Forza Italia, legatissimo alla famiglia del Cav.) e il Pd ha ricambiato la cortesia votando la risoluzione presentata da Forza Italia (e dalla Lega). Segnali piccoli ma sorprendenti di un disgelo fino a qualche settimana fa impensabile (il capogruppo di Forza Italia, dopo i risultati delle comunali, prima di duettare elegantemente con Davide Serra da Bruno Vespa, aveva dato la stessa lettura di Grillo sulle amministrative: avviso di sfratto per Renzi) ma oggi non più impossibile. C’entra il lavorio del presidente della Repubblica. C’entrano i suggerimenti della Banca centrale europea. C’entra soprattutto una nuova consapevolezza: l’instabilità generata dalla crescita dei partiti anti sistema non la si risolve rincorrendo i partiti anti sistema (o cambiando la legge elettorale) ma la si risolve rendendo credibili le posizioni di governo, pur da posizioni differenti. Tu chiamalo se vuoi patto di non belligeranza. C’è aria di gran coalición. Oggi in Spagna, domani in Italia.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.