Fernández Díaz, ministro degli Interni spagnolo (foto LaPresse)

Le intercettazioni irrompono nella campagna elettorale spagnola

Eugenio Cau
Pubblicati dei nastri che accusano il ministro dell'Interno di aver tramato contro dei leader indipendentisti catalani. Timing perfetto e scandalo all'italiana

Roma. “Bienvenidos en Italia”, scriveva sul País il giornalista Íñigo Domínguez a due giorni dalle elezioni dello scorso dicembre, che avevano condannato la Spagna a un’inedito quadro di instabilità politica, con quattro partiti dominanti e nessuno capace di formare un governo. Era un tema molto ripreso in quel periodo: i politici spagnoli, abituati ai loro comodi governi monocolore, adesso dovranno imparare a sporcarsi le mani come i loro colleghi italiani, esercitandosi nell’arte imperfetta delle alleanze, si diceva (alla fine non ci sono riusciti: dopo mesi di negoziati goffi e impacciati il Parlamento è stato sciolto e nuove elezioni indette per domenica prossima).

 

Allora, il paragone tra Italia e Spagna riguardava la frammentazione politica e la debolezza degli eventuali governi futuri. Ma da ieri il paragone con l’Italia si aggiunge di un nuovo elemento: con timing a orologeria, a quattro giorni dalle elezioni, le intercettazioni illegali hanno fatto irruzione sui giornali e nella campagna elettorale spagnola. Lo scandalo riguarda il Partito popolare del premier facente funzioni Mariano Rajoy, e in particolare il suo ministro dell’Interno, Jorge Fernández Díaz. Le registrazioni, fatte nell’ufficio del ministro e ottenute dal giornale online Público, riguardano due riunioni avvenute nell’autunno del 2014 tra Fernández Díaz e lo zar anticorruzione della catalogna Daniel de Alfonso. Nei nastri, di cui Público fornisce spezzoni facendo capire ai lettori che altro materiale arriverà nei prossime giorni, si sentono all’apparenza i due complottare per fabbricare accuse infamanti contro i dirigenti dei partiti indipendentisti catalani Erc (Esquerra Republicana de Catalunya) e Cdc (Convergència Democràtica de Catalunya): di lì a poche settimane, il 9 novembre, i leader indipendentisti avevano indetto un referendum in stile Brexit, che poi si sarebbe risolto in un fiasco. A giudicare dagli spezzoni di intercettazione, il ministro Fernández Díaz avrebbe chiesto a de Alfonso di trovare capi di imputazione contro i leader indipendentisti, in particolare contro il fratello di Oriol Junqueras, presidente di Ers, e contro Felip Puig, presidente di Cdc. Nessuna accusa sarebbe stata trovata, ma le intercettazioni sono state suficienti a terremotare il panorama politico.

 

Uniti, ieri i leader del Partito socialista, di Podemos e di Ciudadanos hanno chiesto le dimissioni di Fernández Díaz e anzi, la sua espulsione dalla vita politica, e messo in discussione per l’ennesima volta la leadership di Rajoy, il cui partito in questi anni è stato colpito da più di uno scandalo di corruzione: in una delle intercettazioni, Fernández Díaz dice che il premier era stato informato dell’operazione tentata contro i catalani. Rajoy è stato il primo, ieri, a collegare la pubblicazione delle intercettazioni alla “solita” campagna di fango pre elettorale, e in effetti il timing è davvero perfetto. A completare lo scandalo, c’è poi il mistero di chi ha fatto le registrazioni e le ha consegnate a Público. Registrare una conversazione privata nell’ufficio del ministro dell’Interno è atto grave. De Alfonso dice che lui non c’entra. Piuttosto, dice, qualcuno ha messo delle cimici nel ministero. Un altro mistero all’italiana.

Di più su questi argomenti:
  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.