Il presidente russo Vladimir Putin, la cancelliera tedesca Angela Merkel, il presidente francese Francois Hollande, e il presidente ucraino Petro Poroshenko durante l'incontro a Minsk (Bielorussia) n

L'equidistanza tedesca tra ovest e Russia non è un pesce d'Aprile

Daniel Mosseri
Techau, direttore del Carnegie Europe, aveva scherzato sulla nuova Ostpolitik di Berlino, annunciando ufficialmente per il 6 aprile un vertice straordinario Ue-Russia. Accusato di avere messo la politica estera tedesca alla berlina, ora aggiunge: scherzo, ma non troppo.

Berlino. Al mondo esistono due tipi di pesce d’aprile. Quelli piccoli, buoni per la frittura di paranza e per i quali lo scherzo si consuma nel tempo di un sorriso. Poi ci sono quelli grossi, ai quali abboccano in molti: queste beffe richiedono invece le spiegazioni del pescatore. E’ il caso dell’April’s fool di Jan Techau, direttore del Carnegie Europe di Bruxelles. A inizio mese Techau ha scritto per la prestigiosa fondazione da lui diretta un’analisi in cui il ministro degli Esteri tedesco, il socialdemocratico Frank-Walter Steinmeier, annunciava per il 6 aprile un vertice straordinario Ue-Russia. Obiettivo del summit: “Un accordo per un’architettura di sicurezza rinforzata in Europa che tenga in considerazione il naturale equilibrio fra le potenze continentali”.

 

Lo scherzo era evidente: i vertici Mosca-Bruxelles sono stati sospesi nel 2014 con l’annessione della Crimea alla Russia; il summit, poi, si sarebbe dovuto tenere nella bielorussa Minsk, per l’occidente l’ultima roccaforte della dittatura in Europa. E mentre l’Ucraina non era invitata, le ovvie resistenze della Polonia erano state travolte offrendo un posto nel cda di Nord Stream alla premier nazionalista polacca, Beata Szydlo. Burattinaio dell’intesa, l’ex cancelliere socialdemocratico Gerhard Schröder, il politico tedesco più di casa al Cremlino. Nonostante il tono scherzoso dell’articolo, Techau è stato obbligato a tornare sul tema: non tanto dalle email di chi aveva abboccato all’amo, quanto dalle proteste di chi lo accusava di avere messo la politica estera tedesca alla berlina, dubitando della leale appartenenza della Repubblica federale tedesca al blocco occidentale.

 

Un’accusa ricorrente, ha ammesso Techau nella sua replica, ma parzialmente fondata. In primo luogo, “per istinto e per cultura politica la Germania è solo in parte un paese occidentale. La sua tentazione”, definita pericolosa, “non è avvicinarsi a Mosca ma essere equidistante da Mosca e da Washington. Eppure la Germania può essere in pace con sé e con i suoi vicini solo se è fermamente inquadrata nel novero dei paesi occidentali”. Un’analisi condivisa da Hans Kundnani, ricercatore del German Marshall Fund of the United States con sede nella capitale tedesca. Già nel 2014 Kundnani osservava “i segnali di un risveglio geopolitico di Berlino, non più piattamente identificabile con lo schieramento occidentale”. E’ grave, per Techau (nella foto a destra), la nouvelle Ostpolitik di tanti politici tedeschi. Techau se la prende con i socialdemocratici, ma anche il presidente della Baviera, il cristiano-sociale Horst Seehofer, è volato da Putin a febbraio spiegando che “il 20 per cento dell’interscambio russo-tedesco avviene con la Baviera”. Un viaggio compiuto mentre Putin infieriva sulla cancelliera Angela Merkel. Partendo da fatti di cronaca, come il presunto stupro (poi rivelatosi una bufala) di una ragazzina russa a opera di rifugiati in Germania, e con la complicità di due milioni di russi che vivono nella Repubblica federale a gennaio, i media russi hanno lanciato una campagna anti-tedesca, animando anche manifestazioni di russi in Germania. Lo stesso ministro degli Esteri Sergei Lavrov si è speso per denunciare i presunti tentativi di insabbiamento da parte degli investigatori tedeschi.                                                                                                   

 

 

Sono stati i capi dei servizi delle intelligence interna ed esterna tedesca, Hans-Georg Maaßen e Guido Müller, a denunciare il complotto, scattato oltretutto quando Merkel traballava sotto l’onda umana dei rifugiati riversatasi sul suo paese. Ed è questo che Techau contesta: l’Ostpolitik di Willy Brandt “era un approccio morbido che nasceva da una posizione di forza”, dalla deterrenza cioè dell’ovest nei confronti del Patto di Varsavia. Quella del ministro Steinmeier, invece, è solo una versione impoverita dell’Ostpolitik, nella quale si può riconoscere il soft approach ma non la necessaria cooperazione basata sulla forza dell’Occidente.

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