Una moschea a Berlino

I curdi di Germania: “Nelle moschee si preghi solo in tedesco”

Matteo Matzuzzi
Il vicepresidente dell’Associazione che riunisce i curdi in Germania, Mehmet Tanriverdi, chiede che nelle moschee del paese sia imposto agli imam di parlare solo tedesco, “e non arabo o turco”. Ma la questioni si intreccia con il problema dell'immigrazione e gli interessi turchi.

Roma. Il vicepresidente dell’Associazione che riunisce i curdi in Germania, Mehmet Tanriverdi, chiede che nelle moschee del paese sia imposto agli imam di parlare solo tedesco, “e non arabo o turco”. In un’intervista concessa all’edizione in lingua tedesca dell’Huffington Post, Tanriverdi ha spiegato che solo così si potrà porre un freno alla radicalizzazione che cresce nei luoghi di culto musulmani, favorita dai sermoni tenuti in lingue diverse da quella nazionale. Il mirino è puntato in particolare sul modus operandi di Ankara, che da anni promuove un’esportazione di imam verso alcuni stati europei (Germania su tutti) formati però in Anatolia. L’accusa è diretta al presidente Recep Tayyip Erdogan, la cui linea di governo ha contribuito “a radicalizzare gli stati d’animo nelle moschee. Non si può più accettare che gli imam siano formati all’estero”, ha spiegato Tanriverdi.

 

Il fatto è che i servizi di sicurezza non comprendono appieno le sfumature di certi sermoni che corroborano le preghiere del venerdì. Già nel 2015, l’esponente della Csu, il giurista Hans-Peter Uhl, aveva messo in luce la carenza di personale capace di tradurre e capire il contenuto dei discorsi tenuti dai dotti musulmani, che per lo più si esprimono in arabo. Tanriverdi avverte che più attenzione andrebbe rivolta alle associazioni che gestiscono – e contribuiscono a edificare – le moschee, come la turca Milli Görüs (“Punto di vista nazionale”, in turco), che conta circa 130 mila iscritti in tutto il mondo, con sedi sparse ovunque (soprattutto in Germania) che qualche anno fa si è vista definire dal tribunale di Wiesbaden “ostile ai princìpi democratici”.

 

L’Istituto centrale tedesco degli archivi sull’islam ha fatto di recente sapere che “sono già stati registrati 184 progetti per l’edificazione di nuove moschee, alcune già in costruzione”. Stiamo parlando – aveva detto all’agenzia France Pres Salim Abdullah, membro dell’Istituto – “di edifici con una cupola e un minareto, ben visibili”.

 

La proposta dell’associazione curda giunge a pochi giorni di distanza dalla presentazione di una proposta in quarantacinque pagine articolata da diversi esponenti bavaresi di AfD, Alternative für Deutschland, il partito di estrema destra che si è fatto largo nelle recenti consultazioni regionali, che chiede la messa al bando di tutte le moschee presenti sul suolo nazionale. Il documento, intitolato “Il coraggio di assumersi responsabilità” afferma che “l’islam non appartiene alla Germania” e che gli insegnamenti propinati nei luoghi di culto musulmani tendono a “rimuovere il nostro ordine legale”. Infine, la chiosa sintetica, in cui si sottolinea che “l’islam è già arrivato a dichiararare la volontà di dominare il mondo in 57 paesi su 190”.

 

Ma sono soprattutto gli interessi turchi a essere oggetto del dibattito, che si intreccia inevitabilmente con la questione dell’immigrazione. Il leader dei Verdi, Cem Özdemir, intervenendo a un programma sulla tv Ard ha ricordato che mentre la Germania s’è resa disponibile ad accogliere un’enorme comunità turca (circa 4 milioni di abitanti), concedendo a essa luoghi di culto e centri islamici, in Turchia “le chiese sono profanate e le comunità cristiane vedono espropriati i propri edifici”.

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.