Migranti sbarcano al porto del Pireo, in Grecia (foto LaPresse)

L'Europa sta cercando un "piano B" a Schengen

David Carretta
Vertice dei ministri dell'Interno ad Amsterdam in attesa della nuova ondata di migranti dalla rotta dei Balcani. La possibilità di sospendere la Grecia dal trattato e i rischi per l'Italia

Bruxelles. “Salveremo Schengen, applicando Schengen”, ha detto la Commissione di Jean-Claude Juncker, mentre i ministri dell'Interno dell'Unione Europea sono riuniti ad Amsterdam per discutere di “un piano B” per fronteggiare la crisi dei migranti, dopo che le diverse iniziative dell'esecutivo comunitario si sono rivelate infruttuose, irrealizzabili o superate dai numeri. L'Europa della libera circolazione senza frontiere è più minacciata che mai, nel momento in cui l'ondata di rifugiati e migranti dalla Turchia alla Grecia non vuole defluire. Secondo i dati dell'Unhcr, nei primi 23 giorni dell'anno oltre 40 mila persone sono sbarcate sulle isole greche – erano solo 1.694 nel mese di gennaio del 2015 – prefigurando un nuovo ingorgo sulla rotta dei Balcani. Per anticipare lo tsunami della primavera, quando le condizioni meteorologiche favoriranno altre partenze via mare, diversi governi si sono già mossi con controlli alle frontiere e altre misure.

 

La Svezia ha iniziato a respingere chi non ha passaporto. La Danimarca ha introdotto controlli alle frontiere. L'Austria ha annunciato che accoglierà un tetto massimo di 37.500 richiedenti asilo per il 2016. La Slovenia minaccia di rifiutare gli ingressi dalla Croazia. Nel marasma delle soluzioni nazionali, la discussione dei ministri dell'Interno – per parafrasare la Commissione – è destinata a “sospendere Schengen, applicando Schengen”. Perché nelle regole del codice che porta il nome di un piccolo villaggio lussemburghese sono previste sufficienti eccezioni per sospendere la libera circolazione senza frontiere o cacciare un membro di Schengen. Se non di diritto, almeno di fatto. Con il risultato ultimo di fare di Grecia e Italia “un grande campo di concentramento per migranti”, spiega al Foglio un diplomatico europeo.

 

Per la seconda volta in due mesi, l'idea prevalente è di sospendere la Grecia da Schengen. La procedura burocratica è complessa, ma si può fare. La Commissione deve fare un rapporto per verificare se “il funzionamento globale dello spazio senza controllo alle frontiere interne è messo a rischio” da uno stato membro “a seguito di carenze gravi e persistenti nel controllo di frontiera alle frontiere esterne”, come recita l'articolo 26 del codice Schengen. Poi l'esecutivo comunitario, secondo l'articolo 19, può “raccomandare mediante un atto di esecuzione che lo stato membro valutato adotti misure specifiche”.

 

Se lo stato membro continua a trascurare “gravemente i suoi obblighi”, su proposta della Commissione, i governi possono raccomandare “a uno o più stati membri, come extrema ratio e come misura volta a proteggere gli interessi comuni (…), di decidere di ripristinare il controllo di frontiera in tutte le rispettive frontiere interne o in parti specifiche delle stesse”, dice sempre l'articolo 26. “Eserciteremo pressione sulla Grecia affinché faccia i suoi compiti”, ha spiegato il ministro dell'Interno tedesco, Thomas de Maizière: “Vogliamo mantenere Schengen, vogliamo soluzioni comuni europee, ma il tempo stringe”. Solo che, visto che la Grecia non ha frontiere terrestri con altri paesi dell'area Schengen, la messa in quarantena non avrebbe effetti sui numeri dei migranti che rischiano di travolgere il Nord Europa.

 

L'articolo 26 serve da base anche per variante al primo piano B: permettere a Germania, Austria, Danimarca, Svezia, Belgio e Francia di mantenere i controlli temporanei alla frontiera ben oltre le eccezioni normali previste dal codice Schengen. Germania e Austria hanno già superato i 2 mesi consentiti in caso di eventi imprevisti. A maggio scade la deroga per gli eventi prevedibili. Al di là di questa data, la Commissione dovrà constatare le “carenze gravi e persistenti nel controllo di frontiera” da parte della Grecia e raccomandare una soluzione diversa dalla sospensione di Atene: il mantenimento dei controlli nei sei paesi fino a due anni.

 

[**Video_box_2**]Ma il rischio è di creare un enorme tappo, che costringerebbe centinaia di migliaia di rifugiati a restare nei paesi dei Balcani o in Grecia, dove mancano capacità di accoglienza adeguate. Anche l'Italia potrebbe diventare vittima collaterale della sospensione di fatto di tutta Schengen a causa delle carenze di Atene. Un rafforzamento dei controlli ai confini con l'Austria e la Francia costringerebbe il governo italiano a tenere tutti i migranti arrivati sul suo territorio attraverso la rotta del Mediterraneo centrale che dalla Libia porta a Lampedusa. Di qui – spiegano a Bruxelles – “l'assurdità” del veto dell'Italia ai 3 miliardi di euro promessi alla Turchia in cambio dell'impegno a fermare le partenze verso la Grecia. “Se il Piano d'azione con Ankara non viene rapidamente attuato, Schengen non ci sarà più e a pagare un prezzo alto sarà l'Italia”, spiega un funzionario.