Soldati per le vie di Bruxelles (LaPresse)

Bruxelles chiusa per terrorismo. E' una distopia europea

Marco Valerio Lo Prete
Niente partite di calcio e niente messa in alcuni quartieri; in forse anche l'apertura della scuole. La caccia ai jihadisti nella capitale del Belgio e dell'Unione europea, un modello (passivo) di democrazia sotto attacco terroristico

    E' stato di allerta anche oggi a Bruxelles, capitale del Belgio e dell'Unione europea, che rimane blindata nel secondo giorno di preallarme per possibili attentati terroristici. Come già è successo sabato, la metropolitana è ferma in tutta la città; autobus e tram circolano a singhiozzo; i treni non si fermano alla stazione Bruxelles-Schuman; i teatri di Bruxelles hanno annullato tutti gli spettacoli; anche la partita di calcio Mouscron-Charleroi è stata rinviata; nel comune di Etterbeek, non distante dalle istituzioni comunitarie, è stata sospesa pure la messa domenicale (qui la lista delle misure, quartiere per quartiere). In queste ore, in attesa del Consiglio nazionale di sicurezza che si riunirà oggi pomeriggio alle 17, è in dubbio perfino l'apertura delle scuole – dalla materna al liceo – di domani: "C'è il 50% di possibilità che restino chiuse e il 50% che aprano", ha detto il ministro dell'Educazione Joelle Milquet.

     

    Il blocco – è stato detto più volte – è dovuto alla ricerca del terrorista Salah Abdeslam, coinvolto negli attentati di venerdì 13 a Parigi che hanno causato la morte di 130 persone. Tuttavia il ministro dell'Interno, Jan Hambon, intervistato ha spiegato che in realtà ora "si tratta di più sospetti, per questo abbiamo messo in campo una tale mole di mezzi di difesa. Seguiamo la situazione minuto per minuto. C'è una minaccia reale". Un attentato "dell'entità di quello di Parigi" è stato evocato da diverse fonti, mentre non è ancora certo il numero di ricercati (si oscilla da due fino a dieci persone).

     

    Bruxelles come una città qualsiasi dell'Iraq o della Siria, sotto assedio islamista – ancora nemmeno materializzatosi – e paralizzata per 48 ore. Per forza di cose si sentono meno le voci di quei cittadini qualunque che, nelle ore immediatamente successive a Parigi, scrivevano "#jesuisenterrace" sui social network, promettevano che avrebbero continuato a bere e a divertirsi come sempre. Evidentemente questo tipo di "resistenza" non è sufficiente ad allontanare il terrorismo.

     

    Non a caso su queste colonne, negli scorsi giorni, abbiamo evocato due modelli di possibile coesistenza della democrazia con l’ideologia islamista più o meno diffusa. "Uno è quello belga, tornato agli onori della cronaca nel momento in cui si scopre che a qualche chilometro dagli algidi palazzi dell’Unione europea si possono impunemente organizzare attentati in paesi limitrofi. E questo mentre magari si vive grazie al welfare pubblico e si gode di una certa tranquillità garantita dalla scarsa dimestichezza delle forze dell’ordine con quegli stessi quartieri. Il tutto sancito ufficialmente dal multiculturalismo di stato che informa sia la distribuzione di fondi pubblici alle varie comunità, sia il dibattito pubblico più largamente inteso, anestetizzato dalla spasmodica ricerca di limitare le presunte “offese” a questa o a quella sensibilità". "L’altro modello di coestistenza tra democrazia e terrorirmo, diametralmente opposto, è quello israeliano. Gerusalemme è la capitale di una democrazia capitalistica armata, non solo metaforicamente". Oggi stiamo ancora una volta realizzando che il primo modello rischia di trasformarsi in una distopia tutta europea.