Chen Guangcheng

Cheng Guangcheng ha vinto

Maurizio Stefanini
L'avvocato cinese eroe contro gli aborti forzati ha ottenuto la sua vittoria ora che il Partito comunista cinese ha annunciato di voler abolire la politica del figlio unico. La sua storia, tra ottimismo e cautela

“Bisogna essere cauti”. Alla notizia che il Partito comunista cinese ha infine deciso di riformare la politica del figlio unico obbligatorio e consentirà alla famiglie di avere un secondo bambino, in molti hanno salutato in lui il vincitore di una storica battaglia. Chen Guangcheng, il “Sakharov cieco” cinese. L’“avvocato scalzo”, come si è definito nella sua autobiografia, che ha sfidato la politica del figlio unico in una battaglia con il regime comunista che lo ha portato in carcere e poi in esilio. Chen però nelle prime dichiarazioni si mantiene scettico. “Quelli del regime mantengono ancora uno stretto controllo su una questione che dovrebbe essere materia di scelta individuale”, osserva. “Evidentemente, hanno la necessità di mantenere dei controlli”.

 

[**Video_box_2**]Chen, in realtà, non ha studiato da avvocato, e gli aborti forzati non sono stati il primo centro della sua battaglia. Nato nel 1971, quando ancora la politica del figlio unico non era entrata in vigore, è il più giovane dei cinque figli di una famiglia contadina del villaggio di  Dongshigu, nella provincia dello Shandong. A sei mesi, una febbre non curata per via del caos post-Rivoluzione culturale gli distrusse i nervi ottici, ma il padre lavorava da insegnante in una scuola del Partito comunista, e lo educò leggendogli storie della tradizione epica cinese. Assieme ad alcuni rudimenti di spiritualità buddista, spiega, furono quei “romanzi cavallereschi” a mettergli in corpo un grande amore romantico per la giustizia. Essendo la sua famiglia povera, divenne agopuntore e massaggiatore: l’unica formazione che l’Università offriva a un non vedente senza spendere troppo. Però nel frattempo si era appassionato di Diritto, e a furia di farsi leggere testi legali dai fratelli è riuscito a diventare un agguerritissimo avvocato autodidatta, sia pure senza alcuna investitura formale.

 

La sua prima azione legale la intentò nel 1996, dopo aver scoperto che la legge garantiva alle famiglie con disabili sgravi fiscali che in realtà non venivano mai applicati. Riuscì a far esentare la sua famiglia, iniziò azioni analoghe in favore di altri non vedenti, e in breve si fece una reputazione di difensore degli handicappati. Ma non si fermò lì, e negli anni intentò cause contro le speculazioni dei boss locali a danni dei contadini e in difesa dei poveri. Insomma, si era fatta già una fama di rompiscatole, quando nel 2005 scese in campo contro l’aborto e la sterilizzazione forzati.

 

In teoria il governo cinese per imporre il figlio unico aveva sostituito i metodi coattivi con un sistema di incentivi e multe. Ma in campagna le autorità continuavano alla vecchia maniera obbligando le donne ad abortire, e quando alcune donne incinte della sua contea si nascosero da parenti per salvare i figli la polizia aveva bastonato i vicini nel tentativo di ottenere informazioni per rintracciarle, addirittura uccidendone due. Chen allora invitò alcuni avvocati nella contea per denunciare lo scandalo. Quando la cosa finì sulla stampa internazionale, a Pechino decisero che la misura era colma. L’“avvocato scalzo” fu arrestato, processato, condannato a quattro anni e mezzo, poi una volta scontata la pena sottoposto a ulteriori arresti domiciliari. “Quando sono uscito di prigione, mi hanno confinato in casa 24 ore al giorno, non potevo uscire né parlare con nessuno”, ha raccontato. “Contro ogni legge, il partito comunista ha assoldato 70-80 persone per entrare in casa mia senza preavviso e derubarmi di tutto e picchiare me e i miei cari. Sono stati due i momenti più duri. Il primo, quando alcuni uomini hanno fatto irruzione e hanno picchiato mia moglie dopo averle coperto il volto. Il secondo, quando hanno impedito anche a mia madre anziana di uscire di casa. Una volta l’hanno spinta per terra, facendole sbattere la testa contro la porta”.

 

A quel punto, nel 2012 decise di scappare. Come abbia fatto questo cieco a  scavalcare cinque muri, resistere al dolore per la frattura al piede destro dopo il quinto salto, percorrere 640 km in 17 ore col piede rotto e entrare nell’ambasciata statunitense a Pechino è un mistero che lo stesso Chen nel suo libro non ha voluto chiarire, per non mettere a repentaglio chi gli ha dato un mano. In compenso, racconta che all’ambasciata furono amichevoli, ma al contempo erano anche chiaramente preoccupati per i possibili contraccolpi nelle relazioni tra i due paesi. Fu l’allora segretario di stato Hillary Clinton a trattare per l’espatrio di Chen, di sua moglie e dei loro due figli a Washington, dove tuttora vivono. Chen non si mostra particolarmente riconoscente con Hillary, che accusa di “aver ceduto al governo che mi ha torturato e detenuto per anni”. Oggi tutti esultano perché ha vinto la sua battaglia contro gli aborti forzati, lui pensa a proseguire le sue battaglie.