Donald Trump in una conferenza stampa (foto LaPresse)

Così l'ennesimo insulto di Trump ha innescato la guerra totale con Fox

Il candidato repubblicano rompe la tregua con la tv che ispira i destini della destra. I calcoli di Roger Ailes

New York. L’analogia del New York Magazine è efficace: Fox News sta applicando a Donald Trump la stessa filosofia editoriale che tiene quando parla di stati canaglia. Non si negozia con i regimi illiberali che insultano e provocano, e per ragioni simili non si negozia con i pagliacci presidenziali che insultano e provocano. Dopo il primo round fra Trump e l’anchorwoman Megyn Kelly, una partita iniziata nel dibattito repubblicano in diretta televisiva e finita con espressioni da trivio su Twitter, il leggendario capo di Fox, Roger Ailes, s’era imbufalito ma aveva offerto una tregua al candidato presidenziale. I termini erano questi: lui smetteva di insultare Kelly e Fox, loro continuavano a dargli copertura in modo “fair and balanced”, come recita lo slogan del network di Rupert Murdoch, eminenza girgia che si aggira dietro alle quinte delle elezioni. “Risolviamo la cosa ora oppure sarà guerra”, aveva detto Ailes secondo fonti che avevano assistito alla telefonata. Il patto fra gentiluomini è durato un paio di settimane, giusto il tempo delle vacanze estive di Kelly. Quando la conduttrice è tornata in onda con il suo programma “The Kelly File” è riapparso anche il livore di Trump: “Mi piaceva molto di più ‘The Kelly File’ senza Megyn Kelly. Potrebbe prendersi altri undici giorni di vacanza senza preavviso!”. E’ seguita la solita pioggia di retweet delle frasi più ingiuriose pervenute al suo account.  Trump era convinto che quella della conduttrice non fosse una vacanza “pianificata da tempo”, come diceva la versione ufficiale, ma una punizione per il trattamento riservato al candidato. Niente di più falso. I portavoce del network con una dose d’ironia avevano detto che le sue tesi sono simili alle cospirazioni “sugli Ufo, sull’allunaggio e sul fatto che Elvis è ancora vivo”.

 

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L’ennesimo attacco frontale ha fatto scomparire qualunque accenno di sorriso dalla bocca dei funzionari di Fox. Ailes s’è imbufalito un’altra volta, ma non ha alzato il telefono per negoziare una nuova tregua, bensì ha fatto uscire un comunicato in cui definisce gli attacchi di Trump “fastidiosi e inaccettabili”, ricordandogli chi sia il maschio alfa nella gran contesa: “Non siamo mai stati intimiditi da politici o da chiunque altro per aver fatto il nostro mestiere, e men che meno ci siamo fatti prevaricare da nessuno, e di certo non cominceremo ora”. Una dichiarazione di guerra senza appello.
L’intera Fox ha schierato tutti i suoi giornalisti e opinionisti di punta a difesa di Kelly, mentre Trump – saldamente in testa ai sondaggi, per quel che valgono, e con capitali immensi a disposizione – sta costruendo una macchina di propaganda uguale e contraria a quella di Fox. L’idea è rappresentare Fox, storico bastione del pensiero conservatore e cassa di risonanza nazionale delle idee più appuntite della destra, come un arsenale in via di dismissione, piegato ai dettami del pensiero liberal che serpeggia libero in tutti i media mainstream. La colpa di Kelly, secondo Trump, è di aver ceduto ai luoghi comuni del politicamente corretto facendo domande capziose su femminismo, aborto e altri temi su cui Fox storicamente s’è opposto alla corrente prevalente. Non è un caso che pure il senatore Ted Cruz, altro candidato repubblicano, si sia innervosito in diretta con Kelly: “Mi fai le stesse domande che fanno i media liberal”, i nemici giurati di Fox.
Non è solo uno scontro tra fazioni opposte, ma una reciproca accusa di tradimento: uno accusa di avere trasformato il partito in un circo, l’altro di aver voltato le spalle all’ideologia conservatrice, adagiandosi sulle posizioni del nemico. Alcuni insider del network dicono che si tratta di una disputa squisitamente tattica e di opportunità elettorale. Ailes, animale politico a sangue caldo, non vuole alimentare il teatrino di un campione dell’avanspettacolo che non diventerà mai presidente. Dai tempi in cui Nixon lo ha assoldato per renderlo televisivamente presentabile – operazione riuscita inizialmente con enorme successo – Ailes si muove nella zona grigia dove il giornalismo incontra lo spin politico, e non ha alcuna passione per la corsa di un cavallo perdente come Trump. All’inizio lo coccolava con circospezione nel nome dello share, ma appena c’è stata una frizione non ha esitato a schierarsi dalla parte dei suoi giornalisti e contro Trump. Una delle regole non scritte che un candidato repubblicano dovrebbe sempre tenere a mente è: non mettersi mai contro Fox. Non è facile uscire vivi e vincenti da mesi di costante martellamento del più influente network politico americano, specialmente se il casus belli, la polemica a sfondo femminile, attecchisce anche a sinistra. Inebriato dai fumi populisti e dai sondaggi in ascesa, Trump pensa però di poter raggiungere e superare (a destra) la più potente forza conservatrice d’America.

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