Donald Trump (foto LaPresse)

Dàgli al clown Trump, fino a che lui non tira fuori l'arma: il suo specchio

Paola Peduzzi
Prima è stato ignorato, poi è stato sbeffeggiato, ora è preso sul serio: inizia il vetting pubblico del candidato presidenziale Donald Trump, la copertina di Bloomberg in uscita oggi lo raffigura giovanissimo con le mani piene di soldi e lancia l’esclusiva su come Trump è diventato Trump.

Milano. Prima è stato ignorato, poi è stato sbeffeggiato, ora è preso sul serio: inizia il vetting pubblico del candidato presidenziale Donald Trump, la copertina di Bloomberg in uscita oggi lo raffigura giovanissimo con le mani piene di soldi e lancia l’esclusiva su come Trump è diventato Trump. Si parte dalle origini per esorcizzare il clown, e si finisce con le regole, quelle nuove appena escogitate per l’emergenza: un giuramento stilato dai repubblicani da sottoscrivere, tutti, nessuno escluso, nemmeno Trump, appunto, che repubblicano forse non lo è nemmeno. Chi non dovesse essere nominato candidato presidenziale dovrà appoggiare chi ce l’ha fatta – recita il testo del “pledge” – e “giuro che non correrò come indipendente e non diventerò il candidato di un altro partito”. Nelle ore trascorse tra l’annuncio ufficiale del giuramento – giuramento che non fa niente per celare la disperazione dei suoi redattori – e il momento in cui l’ufficio centrale del Partito repubblicano ha incontrato Trump, nemmeno il manager della campagna del businessman cotonato sapeva bene che cosa dire, e pareva per questo piuttosto nervoso. Non c’è niente che io possa prevedere!, sbraitava contro chi gli chiedeva: firma, non firma, non si presenta, scappa?, massima dimostrazione del fatto che qui siamo ancora in clima da show. Poi si è saputo che Trump avrebbe firmato, e il sospiro di sollievo s’è sentito ovunque, accompagnato da una nuova consapevolezza: sta iniziando a fare sul serio, il clown.

 

Non è chiaro a nessuno quale sia la strategia giusta – sottovalutare la credibilità politica di Trump è dannoso quanto presumere che esista – ma nel tempo eterno del pre primarie si può decidere di cambiare idea più volte, vale ancora tutto. Jeb Bush, che vuole dare alla sua candidatura la statura che merita, con discorsi programmatici e commenti su qualsiasi argomento, ha deciso di andare allo scontro diretto, almeno fino al dibattito elettorale previsto per la metà del mese sulla Cnn, con la speranza che quello sia il momento tanto atteso in cui la bolla Trump infine scoppierà (non è nemmeno più così importante chi sarà a impugnare l’ago per bucare il palloncino, basta che non si aspetti troppo tempo, perché poi è tardi: chiedete ai laburisti britannici, se non ci credete). Ma come spesso accade quando si dà contro al clown, il rischio è sembrare un clown a propria volta, e se poi sono tutti clown, vince quello originario, o il clown più esperto. Detto in termini più eleganti, come ha fatto Jonathan Martin sul New York Times, siamo di fronte a un “tabloid-style clash of personalities”, e il regista è l’unico che lo stile tabloid lo domina da tempo.

 

[**Video_box_2**]Smarcandosi dal resto della sua folta e ostile compagnia, Jeb ha deciso di combattere in solitaria contro Trump, il quale non perde occasione di definire Bush un candidato “low energy”, un moscio. Così Jeb ha messo insieme una clip per dimostrare che Trump è un amico dei Clinton (imperdonabile), che preferisce Manhattan all’Iowa (dove si tiene il primo caucus, e dove al momento Trump va fortissimo), che soprattutto non è un conservatore, e quindi di cosa stiamo parlando?, spostati e non parliamone più. Ma l’effetto non è rassicurante, il clown fa lo sbruffone e gli altri iniziano a imitarlo: come in un enorme specchio si confonde l’impresentabilità e resta soltanto quel che decide Trump. Che allo specchio affida da sempre la sua presunzione: è alla propria immagine riflessa che guarda quando vuole trovare il migliore consigliere, il migliore collaboratore, l’unico uomo di cui fidarsi.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi