Shinzo Abe durante il discorso di venerdì (foto laPresse)

Le scuse definitive di Abe

Redazione
Il premier nipponico chiude l’infinita lite sul suo passato con la Cina

Al Festival internazionale dei Robot di Singapore, quest’anno, uno degli androidi più fotografati era quello che somigliava molto all’attuale premier giapponese, Shinzo Abe, nell’atto di inchinarsi in segno di scuse. E’ forse la rappresentazione più vicina a quello che Cina e Corea del sud si aspettavano da Abe, in occasione del discorso per il settantesimo anniversario della fine della Seconda guerra mondiale e della resa del Giappone. Un robot che non fa altro che chiedere scusa. Per il pronunciamento di Abe, avvenuto venerdì davanti a una platea di giornalisti da tutto il mondo, c’era molta attesa. Il discorso è stato studiato a lungo e poi approvato dal governo, perché ogni parola sarà ricordata nella storia del Giappone e determinerà i prossimi rapporti diplomatici tra Tokyo e i suoi vicini, soprattutto Pechino e Seul.

 

Venerdì Shinzo Abe ha fatto proprie le scuse formali di tutti i suoi predecessori, ma poi è andato oltre. Ha detto che “il Giappone ha ripetutamente espresso sentimenti di profondo rimorso e di sentite scuse per le sue azioni durante la guerra. […] Queste posizioni espresse dai precedenti governi rimarranno irremovibili in avvenire”. Come a dire, l’abbiamo già fatto molte volte, e quelle scuse restano. Un attimo dopo aver terminato di parlare, le agenzie di stampa coreane rilanciavano la notizia: Shinzo Abe rinuncia alle scuse. Secondo loro il problema, in punta di formalismi, è che Abe non avrebbe espresso le sue scuse in prima persona. Ma nel lungo discorso ha spiegato il perché: “Non dobbiamo lasciare che i nostri figli, i nostri nipoti, e le future generazioni – che non hanno nulla a che fare con la guerra – siano destinati a scusarsi ancora. Ma nonostante questo, noi giapponesi, attraverso le generazioni, dobbiamo guardare dritti in faccia alla storia del passato”. Dopo settant’anni di scuse di stato, Abe ha fatto una dichiarazione che potrebbe essere considerata universale. Ha deciso di mantenere una posizione matura, adulta, tentando di mettere definitivamente nel passato ciò che è passato. Difficile non dargli ragione. Naturalmente la Cina avrà tutto l’interesse a usare strumentalmente il discorso di Abe per alzare – indisturbata – la tensione nell’area del Pacifico. L’appuntamento è per il 3 settembre, giorno della parata militare cinese per il settantesimo anniversario dalla guerra.

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